«Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei»
(Proverbio)
Quando si parla di gruppo, in educazione, troppo spesso si fa riferimento solo al “lavoro di gruppo“, dove si impara ad eseguire assieme un compito, e quindi a col-lavorare.
Di fatto, il gruppo costituisce una componente molto più importante nella formazione dei giovani, ed è particolarmente utile conoscerne le caratteristiche, perché è efficace, ma può anche diventare dannosa.
L’essere umano è un “animale di branco“, come i primati da cui discendiamo. Per l’essere umano, il branco si chiama tribù, ed è, da sempre, la condizione basilare per poter vivere. Mentre l’orso o la tigre sono in grado di vivere da soli, isolati dai loro simili, per l’uomo questo non è possibile: l’uomo ha bisogno di stare con gli altri. Anche gli eremiti, che pretendono di non aver bisogno degli altri, possono cavarsela solo perché hanno imparato dalla tradizione come si fa ad accendere il fuoco, a coltivare, a produrre indumenti.
Per questo, l’essere umano è sensibile al gruppo fin dai primi anni di vita, ed il gruppo ne influenza la crescita. Anche solo per riflettere, la nostra specie ha bisogno di un linguaggio che è comune a milioni di persone: il pensiero utilizza strumenti di gruppo fin nelle parole, nella grammatica e nella sintassi.
L’aspetto più interessante, tuttavia, è che il gruppo potenzia l’individuo, non solo insegnandogli a parlare, ma anche per la generosità e per le norme. Per questo è spontaneo, fin dalla più tenera età, cercare aggregazioni, compagnie, amicizie, non solo di presenza, ma anche per corrispondenza e virtualmente, mediante l’internet.
Il gruppo è generoso. Le migliori imprese, le più grandi fatiche, sono state fatte in gruppo. Esistono anche sforzi solitari, ma la maggior parte delle persone ha imparato a sopportare la fatica ed impegnarsi per conseguire risultati grazie alla motivazione fornita dal gruppo. Quando viene raggiungo l’obiettivo, che sia la conquista di una méta o la vittoria in una gara, il gruppo esalta la gioia di ciascuno, rendendola più intensa; ed anche con l’insuccesso, la reazione evita la depressione, aiutando ogni membro a ritrovare la voglia per reagire e ritentare.
Evoluzionisticamente, si sono salvate le specie di branco in cui la vittoria veniva premiata e la sconfitta trovava reazione alla depressione. La celebrazione in gruppo della vittoria ne aumenta la portata, insegnando quindi la generosità nel far fatica per obiettivi di gruppo, e la reazione all’insuccesso, sostenuta in gruppo, insegna a donare ancora le proprie energie per raggiungere gli obiettivi del gruppo.
Gli animali, essere umano compreso, che vivono in branco, sono quindi più generosi, nei confronti dei loro compagni, di quanto non lo siano gli animali solitari; d’altro canto, gli animali che convivono imparano dal branco ad essere più generosi.
Va notato come la generosità che si apprende in branco, non sia una generosità universale: non si impara a regalare a chiunque, ma solo a far fatica per i compagni, per gli amici. Spesso, questa fatica consiste nella capacità di difendere gli amici dai nemici, e quindi di aggredire chi non appartiene al branco o al gruppo o alla squadra: la generosità di branco coincide con l’aggressività contro chi non vi appartiene. L’eroismo di chi ha combattuto in guerra, partigiani compresi, rientra in questo tipo di generosità, così come il razzismo ed il campanilismo. Per questo, come vedremo, se da una parte il gruppo educa alla generosità, dall’altra è importante scegliere bene i gruppi in cui inserire i giovani.
Il gruppo è normativo. L’appartenenza al gruppo comporta l’adesione ad una serie di norme, anche se raramente sono scritte: la prima consiste sempre nel fare ciò che viene deciso dal gruppo, limitando così impulso ed iniziativa individuali. Le altre norme sono finalizzate al raggiungimento degli obiettivi che caratterizzano il gruppo, e possono essere le più varie, ma non esiste gruppo senza norme.
Ogni gruppo ha norme differenti, e si costruisce in base, anche, all’esigenza di norme da parte dei componenti: quando nascono nuovi bisogni relativamente al regolamento, i gruppi si frazionano, come avviene tanto per quelli religiosi, dalla Riforma Protestante in poi, quanto per quelli politici, fino ai gruppi molto più piccoli di esperienza quotidiana. Se osservi l’andamento delle tue amicizie nel corso degli anni, ti accorgi di quanto i gruppi siano cambiati, e di conseguenza le strutture normative mai dichiarate ma di fatto accettate o contestate.
A partire dai primi anni di vita, le partecipazioni si susseguono, in gruppi più o meno vasti, dalla nazione ad alcuni compagni di classe; più o meno duraturi, da quelli per tutta la vita, come l’appartenenza ad una religione o ad una squadra di calcio, a quelli per tempi limitati, come un viaggio in treno o assistere ad uno spettacolo; più o meno finalizzati, come il raggiungimento di un obiettivo economico acquistando azioni, per volontariato, o per semplice divertimento, eccetera. Ma le regole, quelle ci sono sempre.
Non è detto che le norme del gruppo siano socialmente etiche: da sempre, le società segrete si sono organizzate proprio in base a norme che impegnano al raggiungimento di obiettivi contrari a quelli della maggioranza, dalla massoneria alla mafia.
Anche i fenomeni di bullismo rispondono a queste caratteristiche, di bisogno di norme e di educazione alla generosità, anche se non siamo abituati ad osservarli sotto questo punto di vista. L’adolescente ha sempre bisogno di imparare a dominarsi, e, se non trova di meglio, finisce in quelle che, una volta, si chiamavano “cattive compagnie“: gruppi con norme ben precise, imposte anche con la violenza, dove l’obiettivo è difendersi dal mondo che viene vissuto come ostile, imparando a sopportare fatiche e dolori con generosità, donandole pur di appartenere al gruppo, così come avviene per chi vuole appartenere alla mafia o alla massoneria.
Il bullismo tende ad esercitare la violenza per tre motivi.
1: Il più frequente è la vendetta: se un appartenente al gruppo è stato offeso, tutto il gruppo si scatenerà per difendere il proprio aderente, secondo una regola interna vantaggiosa per tutti.
2: Un secondo motivo è legato alle adesioni: per partecipare al gruppo occorre passare da una serie di prove, come avviene anche nella massoneria e nella mafia. La fedeltà al gruppo viene garantita dalla determinazione con cui si accettano le prove.
3: Infine, l’esercizio della violenza sui deboli, handicapati, anziani, eccetera, ha il compito di reagire contro la pietà istintiva, formando all’insensibilità per dare al gruppo maggiore forza e coesione, vincolando così con la complicità in colpe e reati, come avviene in tutte le associazioni a delinquere.
Il gruppo è un potente strumento educativo, funzionale ai valori che gli sono impliciti: potenziando la generosità e l’ubbidienza, può formare alla solidarietà come alla ribellione, alla costruzione come alla distruzione. Spetta quindi a chi si assume la responsabilità educativa prima di tutto la cautela nella proposta dei gruppi cui partecipare, e poi, eventualmente, nel recuperare dai gruppi considerati negativi.
La potenza educativa del gruppo contrasta con la delega educativa del permissivismo: chi sostiene che i giovani debbano trovare la loro strada, senza imposizioni, trova nel gruppo il maggior contrasto, proprio perché, in assenza di regole da parte degli educatori, l’esigenza di una formazione alla norma porta i giovani alla ricerca di un gruppo e, spesso, la scelta cadrà proprio su quei coetanei che insegneranno regole in contrasto con chi delega al compito di insegnarle. Oggi il bullismo dilaga soprattutto in assenza di regole da parte dell’ambiente educante, scuola o famiglia che sia.
I gruppi insegnano la generosità e le norme: la storia insegna che, dai primi gruppi, le tribù, la civiltà si è evoluta, completando questa formazione con l’educazione alla consapevolezza ed alla cultura. Si tratta quindi di studiare i gruppi che piacciono ai giovani, magari anche inventandone, coglierne le potenzialità che apprezziamo, ed orientarli a partecipare con consapevolezza e senso critico, e dimostrando la stima per i progressi che ne conseguiranno.
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