«O voi ch’avete li ’ntelletti sani, – mirate la dottrina che s’asconde – sotto ’l velame de li versi strani.»
(Dante, D.C., Inf, IX, 61-63)
In teoria, fino al 1859, in pratica anche per molto tempo dopo, il sapere è stato sempre riservato a pochi: la prima condizione era la capacità di leggere, e quando con la Legge Casati, il popolo ha dovuto imparare a leggere, il sapere più utile è rimasto scritto in latino o in greco. Per la musica, il monopolio del sapere è ancora ben difeso dal pentagramma con tutti quei segnetti strani che, per chi non è addetto ai lavori, rendono incomprensibile il rapporto tra l’armonia e lo spartito.
Poi sono arrivati la scuola, il cinema, la radio, la televisione, l’abolizione del latino, e ora anche internet, e i social, con tanto rancore da parte di chi è ancora dalla parte del sapere riservato a pochi.
Accanto a questo sistema della protezione del sapere mediante il segreto, c’è anche un processo più naturale che, comunque, usa i segreti per nascondere la saggezza. É quello dei sogni. Freud ha aperto lo scrigno del grande sapere dell’inconscio, fornendo le chiavi per tradurre il pensiero della parte più profonda dell’individuo, e permettere alla consapevolezza di venirne a conoscenza. Un suo discepolo, Bettelheim, ha scoperto che le fiabe hanno la medesima struttura dei sogni, e che anche loro nascondono grandi tesori di sapienza, a condizione di interpretarle mediante le tecniche proposte da Freud.
In questa luce, le fiabe diventano sogni preconfezionati dalla saggezza della tradizione, proposti ai piccoli, prima di addormentarsi, perché possano prepararsi ai problemi della vita adulta, disponendo di qualche strumento per trovare vie di soluzione.
La fiaba di Biancaneve (qui il testo originale) propone alla bimba una situazione in cui possa immaginare che la mamma possa essere tanto gelosa del suo successo nei confronti dei coetanei da preferire perderla. Per la fiaba, come per il sogno, sono ammesse tutte le ipotesi, da una mamma realmente molto gelosa, ad una figlia che interpreti soggettivamente la madre come se fosse gelosa: comunque, se il vissuto della figlia nei confronti della madre è di questo genere, è probabile che nella tarda adolescenza compaia una forma di nevrosi. La foresta nella quale scappa Biancaneve, infatti, è il simbolo di quella condizione in cui ci si sente smarriti e non si sa più cosa sia meglio e cosa sia peggio, perché si ha perso qualsiasi orientamento. La fiaba spiega alla bambina che sarà inevitabile finire nel bosco, e che le converrà confidare nel suo istinto, come gli animali, senza averne paura. Lasciandosi guidare dall’istinto, avrà diverse relazioni più o meno intime: nella versione dei fratelli Grimm si parla di sette nani, con i quali andrà a convivere. Il nano è un simbolo interessante, perché non è grande, data la statura, ma non è piccolo, data la barba bianca: praticamente è la persona immatura, capace di estrarre diamanti dalle caverne, ma incapace di relazioni solide. Anche il numero sette è simbolico: quello dei giorni della settimana, ed indica un periodo, non eccessivamente lungo. Questo a indicare che i problemi di Biancaneve non saranno lunghissimi, anche se non si risolveranno subito.
Nella versione di Walt Disney la scelta dei nomi dei sette nani (che qui ripropongo in 18 lingue a dimostrazione che il significato è simile) è molto significativa, e rappresenta i diversi fidanzati immaturi che potrebbe avere una ragazza con la storia di Biancaneve. Dotto, il presuntuoso che dà ordini e fa confusione; Brontolo, cui non va mai bene niente, e si lamenta soltanto; Pisolo, pigro e dormiglione; Mammolo, che paragona tutto quello che fa la ragazza al modello irraggiungibile di sua madre; Gongolo, in costante contemplazione di se stesso; Eolo sempre ammalato e a chiedere attenzioni, e infine Cucciolo, che non dice niente, è proprio immaturo, ma nella pratica ci sa fare.
Inevitabilmente, stando con i nani, Biancaneve finisce per identificarsi con la madre, perché nella relazione con loro si comporta secondo il modello appreso da piccola: si occupa della casa, delle pulizie e del cibo. Per questo, la figura materna, da cui Biancaneve era scappata, ritorna incombente e pericolosa: per due o tre volte, a seconda della versione della fiaba, eccola sotto le spoglie della strega, ad offrirle simboli di bellezza femminile, come il pettine che resterà impigliato nei capelli, o la cintura che la stringe in vita, e il simbolo del legame antico, la mela che qui rappresenta il rapporto affettuoso dell’allattamento e che resta decisivo. Tutte le volte, il ritorno della figura materna produce in Biancaneve una crisi profonda, una reazione psicotica, e l’ultima è tanto grave che nessuno dei nani è in grado di aiutarla. Biancaneve diventa così una donna-oggetto, solo bellezza senza anima, morta ed esposta in una bara di vetro, a tutte le bestie che passano.
La fiaba spiega alla bambina che, in tutto quel disastro, comunque arriverà uno che la amerà davvero, non per la bellezza, ma con l’attenzione alla persona: quello che si accorgerà della mela rimasta in bocca. Per quello saprà riconoscerlo. Simbolicamente, è quello che toglie Biancaneve dal ruolo di bambina e la rende donna matura. Sarà l’uomo attento a lei, quello maturo ed esperto, che la risveglierà e le permetterà di tornare la principessa che era prima di fuggire nel bosco, prima del periodo tanto doloroso.
La fiaba, quindi, regala sempre una speranza a tutti i bambini: raccontandone tante e diverse, si forniscono ai bambini motivi per reagire ai problemi che possono capitare, aiutandoli a vivere in modo che, alla fine, siano tutti “felici e contenti” e tutto si risolva. Oggi alle fiabe si sono affiancati i cartoni animati. Non tutti sono validi quanto le fiabe, ma di solito, quelli che hanno un successo, lo devono al fatto che i bambini li riconoscono come utili ed efficaci.
Se ti interessa approfondire questo discorso, ti rimando al volume “il mondo incantato” di Bettelheim: da parte mia, ho applicato la medesima tecnica all’Odissea di Omero, e ne ho tratto tesori di saggezza antica e tutt’ora attuale… che di tanto in tanto propongo in conferenze. Ho anche pubblicato qui, le mie interpretazioni su Cappuccetto Rosso, Cenerentola, Pinocchio, e Diabolik.
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