«Il bisogno aguzza l’ingegno»
(Proverbio)
Come si può usare il pensiero per capire il pensiero? Apparentemente, è un’impresa ambiziosa se non presuntuosa, destinata al fallimento o a fondarsi su atti di fede. Tuttavia, se si parte da lontano diventa possibile arrivare a conclusioni utili e operative.
Prima di tutto occorre ribadire che il pensiero non ha nulla a che vedere con lo spirito: il pensiero è materiale, anche se non lo si tocca, come materiale è l’elaborazione delle informazioni effettuata dal calcolatore o del telefonino. Senza corrente il calcolatore si ferma, e senza ossigeno si ferma anche il sistema nervoso e la sua produzione di pensiero. Così come gli psicofarmaci o le sostanze stupefacenti modificano la capacità di pensare da parte di chi li assume. La tradizione aveva collegato il pensiero allo spirito, tanto che in greco, ψυχή (psiche) voleva dire “soffio” ma anche “anima“, e questo, in passato, ha comportato molti equivoci, dalla diffidenza nei confronti dei malati mentali, come se fossero limitati nell’anima, alle attribuzioni all’anima di caratteristiche tipiche del pensiero, come l’intelligenza o la sensibilità estetica: praticamente, questo vorrebbe dire che una persona affetta dalla sindrome di Down sarebbe dotata di anima deforme, se il pensiero dovesse coincidere con lo spirito.
Con una definizione più operativa che filosofica, potremmo dire che c’è pensiero quando uno stimolo viene elaborato al punto da fornire una risposta non coerente con le leggi della fisica o della chimica. Una palla che rimbalza o un sale che si scioglie non rientrano nelle forme di pensiero, mentre quando un’ameba “decide” di rendere permeabile la propria membrana per fagocitare una sostanza che ha riconosciuto come cibo, allora si ha pensiero. In altri termini, anche le cellule viventi pensano, perché sono in grado di reagire agli stimoli che ricevono in modo elaborato, secondo criteri che non dipendono direttamente dalle leggi della fisica o della chimica. Ogni cellula di un organismo vivente “pensa“, nel senso che elabora gli stimoli che riceve, per dare risposte adeguate: a fronte di una ferita sulla pelle, le cellule che, in seguito al taglio, non hanno più la cellula vicina, elaborano le sostanze adatte per ricostruire il tessuto, rimarginando la ferita o costruendo una cicatrice.
Con l’evoluzione, si sono formati anche sistemi di comunicazione tra cellule distanti: le cellule delle foglie delle piante vengono informate, mediante la linfa, in merito alla possibilità di far evaporare l’acqua in eccesso o di ridurre questo processo mediante la riduzione di superficie, appassendo. Negli animali, questo tipo di comunicazione tra cellule distanti avviene mediante gli ormoni, che trasmettono alle cellule sensibili le informazioni elaborate dalle ghiandole, così che questi, a loro volta, elaborino risposte utili agli organi loro collegati.
L’ulteriore specializzazione, dovuta all’evoluzione, è la specializzazione di alcune cellule nel compito specifico dell’elaborazione degli stimoli ricevuti: si tratta dei neuroni, che ricevono i segnali dai dendriti o da recettori e, dopo averli elaborati, li trasmettono ad altri neuroni o ad organi effettori. I neuroni lavorano in rete: raccolgono sensazioni, registrano le azioni, e verificano i risultati.
La rete dei neuroni mira soprattutto ad imparare: collega le sensazioni, in modo da poter riconoscere ciò che lo interessa. Questo collegamento non è mai neutro: il sistema nervoso non raccoglie dati astratti, ma li collega sempre a ciò che lo riguarda, per il piacere che gli fornisce o per il dolore che gli provoca, in modo da aumentare le condizioni piacevoli ed evitare quelle dolorose. Negli animali, ma anche nell’uomo, questi processi sono automatici: non c’è consapevolezza. Di conseguenza farò riferimento a questo tipo di pensiero con l’aggettivo «inconsapevole», per contrasto con il pensiero «consapevole» in riferimento a quello che stai utilizzando adesso, per capire quello che stai leggendo. L’apprendimento è costante per tutta la vita, ma gli animali non sono in grado di trasmetterlo ai loro simili, proprio perché non ne sono consapevoli, come vedremo in altra occasione. Tuttavia, grazie ai “neuroni specchio“, studiati dal prof. Rizzolatti, gli animali superiori, i primati in particolare, sono in grado di apprendere per imitazione dai loro simili.
Vediamo con un esempio il funzionamento dell’apprendimento. Immaginiamo un topino messo in una gabbia, senza cibo. Appena la sua rete di neuroni avverte la fame, questa attiva gli organi motori per una ricerca di qualsiasi elemento relativo al riconoscimento di qualcosa da mangiare, e comincia a muoversi, a cercare. Prima o poi, per caso, toccherà una levetta sistemata nella gabbia dallo sperimentatore, e la levetta fa scattare un meccanismo che rilascia un poco di cibo. Il topolino lo riconosce immediatamente, e lo mangia, mentre la rete di neuroni, che ha registrato tutti i movimenti e le percezioni, inizierà una ricerca per individuare e riconoscere il sistema per trovare il cibo. Per questo, dopo aver mangiato, il topolino ripete gli ultimi movimenti che ricorda di aver fatto. Ma, dato che la rete riferisce i movimenti individuali appena effettuati, ma non l’orientamento nella gabbia, che non è ancora ben riconosciuta, il cibo non arriva. Risalendo nella memoria, il topolino riprende tutto fino al momento in cui ha cominciato a muoversi in modo disorganizzato per la prima ricerca. Finisce così che, ancora per caso, tocca la levetta, cade un boccone, e se lo mangia, ma questa volta la rete ha registrato meglio l’ambiente. Per cui, nel giro di qualche altro tentativo, il topolino riconosce la levetta che fa cadere i bocconi, e vi si attacca fino a che non scarica tutto il cibo.
Questo esempio è noto come l’esperimento del «condizionamento operante» effettuato da B. F. Skinner, e costituisce la base del funzionamento del pensiero automatico. Capire il condizionamento operante è capire la maggior parte dei problemi di pensiero inconsapevole. La regola fondamentale è che, in presenza di un bisogno, per esempio la fame, ma può anche essere bisogno di affetto o di riposo, eccetera, se mediante un comportamento che non ha collegamento apparente con la soddisfazione del bisogno, tuttavia la si ottiene, allora il comportamento viene appreso ed utilizzato per risolvere il problema.
In questo modo abbiamo imparato a parlare, a camminare, e praticamente tutto quello che sappiamo fare, perché sono stati comportamenti che, in un modo o nell’altro, hanno portato vantaggi o ridotto svantaggi. Il pensiero inconsapevole, che è comune agli animali, ha anche molte altre funzioni legate alla sopravvivenza, ma la caratteristica principale è quella di continuare a raccogliere informazioni, collegandole tra loro, in modo da aumentare i guadagni e ridurre le perdite, in un costante processo di apprendimento.
Questo funzionamento della rete neuronale, noto come “Condizionamento Operante“, passa quindi dai seguenti passaggi:
- presenza di un bisogno (disagio, dolore, fastidio);
- attuazione di un comportamento nuovo, di solito per caso;
- soddisfazione del bisogno (scomparsa o attenuazione del disagio, del dolore, del fastidio).
Il sistema del Condizionamento Operante diventa efficace anche per gli apprendimenti non legati direttamente al comportamento: la scuola utilizza i voti come sistemi per creare disagio se insufficienti o benessere se sufficienti, così che la soluzione del problema passi dallo studio e dalla comprensione della materia scolastica. Spesso anche i valori educativi vengono appresi in quanto sostenuti da lodi e da approvazioni, e persino i gusti nel mangiare passano dalla gratificazione per l’organismo, associando così il gusto ai benefici ottenuti.
Ti accorgi che compare subito anche l’altra faccia della medaglia: non sempre la gratificazione determina l’apprendimento di un comportamento sano. Dall’assuefazione all’alcol o alle sostanze stupefacenti, alla ricerca di approvazione da parte delle “cattive compagnie“, il Condizionamento Operante spiega anche molti apprendimenti fonte di problemi e di disadattamento sociale. La mamma che sgrida il bambino viene premiata dal risultato, senza immaginare che si possano ottenere risultati migliori con altri sistemi; la persona obesa viene premiata dal gusto del cibo, senza un aiuto a mangiare di meno, per evitare tutti gli altri disagi; la persona antipatica insiste nei comportamenti che conosce alla ricerca di relazioni sociali, che potrebbero essere più gratificanti se cambiasse strategia; mentre il premio elargito dalle slot machines rinforza la ludopatia, eccetera…
Addirittura molti casi di nevrosi si fondano sul Condizionamento Operante. Le fobie si fondando sulla soddisfazione del bisogno di evitare il pericolo: chi ha paura dei topi (disagio) impara a starne lontano (comportamento appreso) e in questo modo non ha danni dai topi (soddisfazione del bisogno – anche se i danni non ci sarebbero ugualmente). L’ansia funziona, spesso, come un portafortuna: la madre che sta in pena (comportamento appreso) per i figli che sono fuori a divertirsi (disagio di non averli a casa), raccoglie esperienze costanti relative al fatto che, poi, i figli rientrano sani e salvi (soddisfazione del bisogno), e impara a stare in ansia per esorcizzare i pericoli mediante la propria sofferenza. In generale, la superstizione si fonda sul medesimo principio, di comportamenti imparati per evitare improbabili dolori temuti.
Il pensiero inconsapevole, è quindi l’origine dell’apprendimento, anche se non tutto ciò che si impara porta benessere: sarà il pensiero consapevole, tipico dell’essere umano, quello in grado di scegliere e di orientarsi. Generalmente, il pensiero consapevole risolve tutti i problemi creati dal pensiero inconsapevole: non ci si accorge di quanti errori commette il pensiero inconsapevole, immediatamente corretti dalla consapevolezza. Se un’automobile rossa ci evita per un pelo, è un caso. Se poco dopo un’altra automobile rossa rischia di investirci, diventa una coincidenza. Alla terza volta nella stessa mezz’ora, il pensiero inconsapevole è tentato di definire un condizionamento che porta a prestare attenzione alle automobili rosse tenendosi pronti a saltar via. Tuttavia, il pensiero consapevole, quello che stai usando adesso per capire quello che stai leggendo, è anche quello che, magari dopo una verifica sul comportamento delle successive auto rosse, decide che è importante stare attenti a tutte le automobili e non solo a quelle rosse.
A volte, però, il pensiero consapevole non riesce, e l’automatismo rimane. Può capitare che, in seguito ad un malore improvviso dovuto ad una condizione fisica (indigestione, abbassamento di pressione, difficoltà di respiro), ci si spaventi e si strutturi il Condizionamento Operante orientato ad evitare la situazione ambientale in cui si è verificato l’episodio (per esempio un ristorante). Se l’episodio è stato eccezionale, e non si ripete, resta la convinzione che sia stato determinato dall’ambiente in cui è avvenuto, e tutte le volte in cui ci si avvicina ad ambienti simili, per esempio ad altri ristoranti, si provino sintomi simili all’inizio del primo episodio, inducendo ad evitare di accedervi, e radicando così il condizionamento, come se fosse questo comportamento a garantire che non si ripeta il malore.
Per questo, quando si soffre di un’abitudine disturbante, che non si riesce a modificare, occorre rivolgersi ad un esperto che sappia individuare l’origine del condizionamento: una volta spiegato all’interessato, sarà facile perdere in breve il comportamento limitante, e tornare a vivere serenamente.
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