Il “complesso di Edipo” – parte 1° – L’antefatto

«La strada per diventare genitori comincia fin da piccoli»

(Anonimo)

Un quadro completo sul Complesso di Edipo, a questo link

S. Freud, analizzando i sogni dei propri pazienti, è arrivato ad ipotizzare un periodopsicoterapia2 infantile, verso il terzo anno di vita, durante il quale il bambino sano e normale prova un sentimento simile all’innamoramento rivolto alla madre, e la bambina sana e normale prova un sentimento analogo rivolto al padre: ha chiamato l’insieme delle emozioni e dei cambiamenti che caratterizzano questo periodo col nome di “Complesso di Edipo“, col preciso riferimento alla tragedia di Sofocle. Dato che, quasi sempre, i pazienti di Freud avevano un netto miglioramento nella sintomatologia in seguito alla scoperta di soffrire di questo complesso, ne è derivata l’acquisizione di questo concetto come se fosse reale e attendibile.

Di fatto, fin da parte di Freud c’è stato qualche dubbio, e molti autori successivi hanno proposto motivi di critica o addirittura di rifiuto. Da parte mia, in quanto formato mediante psicanalisi e didattica freudiana, ho utilizzato il concetto del Complesso di Edipo come ipotetica chiave di lettura dei problemi dell’essere umano, e devo dire che è stata molto utile tanto a me per capire, che a chi si rivolgeva a me per stare meglio. A questo si aggiunge uno strumento scientifico molto efficace, fornito da B. Bettelheim, consistente nella possibilità di interpretare le fiabe della tradizione come se fossero sogni, strumento che ho già proposto in qualche articolo precedente, come questo: le fiabe, che sono più stabili e costanti dei sogni, acquistano significati molto interessanti edCalvino utili se lette anche alla luce delle problematiche edipiche. Alcune fiabe, come ad esempio «Maria di Legno», riportata da I. Calvino in “Fiabe Italiane”, arrivano a parlare esplicitamente di rapporti particolarmente intensi tra padre e figlia.

Per capire meglio questo periodo complicato che si verifica nella vita di quasi tutti i bambini, maschi e femmine, verso i tre anni, penso sia utile partire, come mio solito, dall’evoluzione.

Il problema dell’origine dell’essere umano è molto dibattuto e, pur di fronte a notevoli coincidenze tra l’anatomia e la biologia del bonobo, o scimpanzé nano, rispetto all’essere umano, ci sono ancora perplessità: per alcuni, bonobo2nemmeno la sovrapponibilità del 98,5% dei geni riesce ad essere convincente. Stando a C. Darwin, ma è anche una questione di buon senso, sopravvive chi si sa adattare all’ambiente: per questo, non appena nella serie evolutiva è comparso il sistema nervoso, circa cinquecento milioni di anni fa, questo è diventato oggetto di potenziamento in ogni specie in cui si è verificato. Si sono salvati, infatti, gli animali che disponevano di maggiori capacità di adattamento, e questo grazie al numero di neuroni, sempre maggiore di generazione in generazione.

Milioni di anni di Selezioni e Mutazioni per arrivare ai Primati, che compaiono circa 85 milioni di anni fa. Ed anche per i Primati, l’evoluzione comporta la tendenza ad aumentare le dimensioni del Sistema Nervoso Centrale, e relativa scatola cranica, fattore determinante per l’adattamento: il bonobo appare come il più dotato da questo punto di vista e, proprio per il bonobo, si verifica il problema. Probabilmente, circa 22 milioni di anni fa, alcuni feti particolarmente intelligenti, si presentarono alla nascita con una scatolaStop cranica di dimensioni maggiori rispetto alle possibilità di dilatazione del bacino materno, col risultato di morire e di uccidere anche la madre durante il parto. L’evoluzione dell’intelligenza sembrava così arrestata dall’ostacolo insormontabile del parto di un feto dal cranio troppo grande. Invece, in circa 15 milioni di anni, comparvero diverse Mutazioni. In particolare, da una parte un bacino più largo da parte della madre, e dall’altra la possibilità di produrre nuovi neuroni anche dopo la nascita, cosa impossibile per i Primati, ma presente già nei ratti.

Praticamente, in 15 milioni di anni di tentativi, regolarmente finiti male tanto per la madre che per il figlio, finalmente ebbero modo di combinarsi le Mutazioni necessarie per un bacino materno più largo, un Sistema Nervoso Centrale nel feto ancora in formazione al momento della nascita, la possibilità di aumentare i neuroni successivamente, e forse ancora qualche altra opportunità. Dal quel momento, circa sette CraniConfrontomilioni di anni fa, ha cominciato ad esistere una specie nuova, in grado di aumentare il numero dei neuroni del Sistema Nervoso Centrale dopo la nascita, e conseguentemente anche la scatola cranica, due caratteristiche che non erano presenti negli altri Primati, e che giustificano la lieve differenza genetica: nasce l’essere umano. Occorreranno ancora quasi sette milioni di anni per arrivare all’Homo Sapiens, datato a circa duecento mila anni fa: le Mutazioni faranno tutti i loro giochi, in modo che la Selezione porti l’essere umano a come è oggi.

Le conseguenze del ritardo nel completamento del Sistema Nervoso Centrale comportano la prima differenza sostanziale tra il neonato umano e quello dei primati: la totale dipendenza dalla figura materna per circa otto mesi. La messa a punto della percezione, la capacità di mettere a fuoco le immagini, di distinguere i suoni e quindi leallattamento voci, il controllo muscolare degli arti, sono problemi che, per l’essere umano, richiedono circa otto mesi, mentre i suoi cugini primati in meno di una settimana sono in grado di sgambettare, riconoscere e procurarsi il cibo. Il neonato umano, per circa otto mesi, dipende completamente dalla figura materna: dato che sviluppa la percezione proprio in questo periodo, è comprensibile come il rapporto con la madre, che rappresenta anche il canale principale della sopravvivenza, diventi la prima impostazione nel modo di percepire il mondo. Freud aveva notato questo profondo legame, ed aveva raccolto le problematiche che possono svilupparsi in questo periodo sotto il nome di «Fase Orale».

Tra l’ottavo ed il decimo mese, il neonato impara a muoversi nell’ambiente: la percezione continua a migliorare, ed i muscoli sono in grado di rispondere agli ordini necessari per mantenere l’equilibrio. Di qui l’esplorazione dell’ambiente, dove gli adulti determinano i limiti e le possibilità: fino a poco prima, quando era dipendente, ogni suo desiderio Analeveniva accontentato, mentre ora, che è autonomo, quasi tutto diventa un divieto. Il potenziamento del Sistema Nervoso Centrale si attiva così nella ricerca di regole, collegando i propri comportamenti alle conseguenze, e ponendo le basi per degli automatismi sociali futuri, secondo i criteri dell’apprendimento automatico di cui ho parlato in particolare in questo articolo. Dato che questo periodo coincide con l’acquisizione del controllo degli sfinteri, collegato all’estensione delle funzionalità del Sistema Nervoso Centrale, Freud ha raccolto le problematiche tipiche del periodo dal primo al secondo anno di vita sotto il nome di «Fase Anale».

L’avanzata dello sviluppo della personalità, fondata sull’attivazione dei percorsi neuronali predisposti ma non disponibili alla nascita, continua. Il terzo passo fondamentale consiste nell’attivazione delle funzionalità ormonali. Chi frequenta i bambini piccoli sa che, quando sono molto piccoli, non si riesce a distingere dal viso seneonato sono maschi o femmine: a meno che qualcuno non li pettini in modo adeguato, hanno tutti il viso del bambolotto, con le sue caratteristiche, ma senza segni che aiutino a capirne il genere. Poi, dopo il secondo anno, quasi da un giorno all’altro, ecco che compaiono i tratti maschili o femminili: il genere dei bambini si riconosce dal viso senza che occorra altro. Vuol dire che l’attività ormonale è cominciata, e con essa l’attenzione del Sistema Nervoso Centrale a quando la riguarda.

Contemporaneamente, il Sistema Nervoso Centrale continua ad aumentare il numero di neuroni, e si affaccia alla possibilità della consapevolezza, accorgendosi di potere intervenire sugli automatismi. Si formano le basi neurologiche per quello che di solito si chiama “Io“, quel sistema di pensiero che si identifica con il proprio corpo distinguendosi ioMedagli altri, e può decidere, almeno in parte, sugli istinti.

Da 6.000 anni a questa parte, la convivenza degli esseri umani ha cominciato ad evolvere dalla modalità tribale a quella familiare, con la possibilità di riconoscere la figura paterna che, nella tribù, resta anonima. Vedremo, nel prossimo articolo, come tutto questo andrà a complicare la vita del bambino e della bambina, in quel processo che prende appunto il nome di “complesso di Edipo“, all’interno di quella che Freud ha chiamato, col maschilismo tipico della sua epoca, «Fase Fallica».

Pubblicato da

Alessandro Zucchelli

vedi www.sanzuc.it

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