La legge fondamentale della comunicazione

«Primo assioma della comunicazione: “non si può non comunicare»

(P. Watzlawick)

Si comunica fin da appena nati, e anche prima: la mamma capisce subito il figlio, anche dai movimenti nel pancione. Non si ritiene importante dedicare tempo ed energie per imparare a comunicare, perché si è convinti di saperlo fare, come si è convinti di saper mangiare, respirare, camminare, dormire… e che sia inutile cercare di migliorare l’impiego di queste funzioni. barometroD’altro canto, solo nel 1643 qualcuno (E. Torricelli) ha immaginato che l’aria potesse avere un peso, e l’ha misurato inventando il barometro: per i fenomeni banali, occorre molto tempo perché qualcuno se ne accorga e li studi.

Per la comunicazione, è stato soprattutto P. Watzlawick ad accorgersi che è molto più complessa di quello che generalmente si conosce: nel 1967, assieme ad alcuni colleghi, pubblicò un testo fondamentale per la comprensione di questo fenomeno, intitolandolo «La pragmatica della comunicazione umana».

Torricelli si è accorto che l’aria c’è sempre, e che occorre molta fatica per toglierla, facendo il vuoto. Watzlawik ha evidenziato che non si può non comunicare: la comunicazione c’è sempre, e non è nemmeno possibile impedirla.

Non si può non comunicare, perché l’esistenza della comunicazione dipende da chi la riceve, e non da chi la trasmette. Ricordi quando aspettavi il tuo Amato Bene, appuntamento alle 21 davanti alla discoteca, e l’Amato Bene non arrivava? Ricordi come ti arrabbiavi? Ma l’Amato Bene non parlava, non diceva niente: non c’era, era in ritardo! Eppure la comunicazione la ricevevi, e ti faceva saltare i nervi. Un messaggio molto diverso da quello che l’Amato Bene voleva trasmetterti, e che ti comunicava all’arrivo, di scuse e di spiegazioni: mentre aspettavi, invece, ricevevi comunicazioni di mancanza di rispetto e di superficialità.

Questo, proprio perché l’esistenza della comunicazione viene decisa da chi riceve il messaggio, e non da chi lo trasmette. Se la persona che cammina davanti a te perde il portafogli, ma è sorda, puoi chiamarla urlando fin che vuoi: la tua comunicazione, per quella persona, non esisterà.

Invece, si impara a comunicare fin da prima della nascita: gravidanzanon si sa parlare, non si sanno esprimere i bisogni, ma la mamma capisce immediatamente, e risolve: se siamo vivi e stiamo bene è anche perché, quando eravamo piccolissimi, la mamma ha risolto tutti i nostri problemi fondamentali, senza che sapessimo esprimerli. Crescendo, sono comparse sfumature: non sempre la mamma era disponibile, a volte al posto della mamma c’erano altri. Ne è derivata una regola di esperienza, fondata sul rapporto tra chi ascolta i bisogni del bambino e come questi risolve il problema: regola che può essere espressa come «Chi mi ama mi capisce – Chi mi capisce mi ama» e nel suo contrario «Chi non mi ama non mi capisce – chi non mi capisce non mi ama».

Questa regola, chi lo direbbe?, determina le relazioni sociali.

  • Chi si sente capito, si sente amato: è tipico, per esempio, della relazione psicoterapeutica, dove il termine «transfert» indica proprio il legame affettivo che lega chi si sente capito a chi lo capisce.
  • Chi si sente amato si sente capito: nelle relazioni affettive, soprattutto all’inizio, ci si sente capiti più di quanto, dopo il matrimonio, spesso si scopre essere stato.
  • Chi non si sente capito si sente odiato: è tipico delle discussioni, dove è facile trascendere, e passare alle mani, in seguito al non sentirsi capiti.
  • Chi si sente odiato si sente frainteso: gli avversari politici non ammettono di poter avere obiettivi comuni.

La regola del “chi mi ama mi capisce” comporta che, se non si viene capiti, la colpa è dell’altro: se non mi capisci non mi ami, non ti sforzi abbastanza incomprensioneper cercare di capire quello che io intendo. Invece, Watzlawick imposta la rivoluzione: se non mi capisci, non è perché non mi ami, ma perché io non sono abbastanza chiaro. Dato che la comunicazione esiste se qualcuno la riceve, è chi la riceve che le attribuisce il significato, non in base all’amore che ha nei confronti di chi lo trasmette, ma in base alle condizioni in cui si trova.

Praticamente, mentre la comunicazione imparata dalla nascita comporta il dire quello che si pensa, confidando sullo sforzo per essere capiti, la rivoluzione di Watzlawick orienta al pensare a quello che si dice, per farsi capire col minimo di imprecisione.

Il volume di Watzlawick si diffonde in ulteriori chiarimenti, che ho impiegato circa 2 anni per riuscire a capire, spero abbastanza bene. Di conseguenza, ho scritto a mia volta due testi, di cui puoi sapere di più a questa pagina. (“Il comprendonio” e “Perché non mi capisci“). Quindi, l’argomento continua anche qui… a presto!

Pubblicato da

Alessandro Zucchelli

vedi www.sanzuc.it