«La libertà è un dovere. Prima che un diritto è un dovere»
Dicono che tempo fa un giovane giapponese si sia rivolto ad un monastero Zen per essere accolto come discepolo. Gli venne incontro un Maestro anziano che, sentita la richiesta, gli propose una gara: c’erano due cataste di legna, e si trattava di ridurle in pezzi abbastanza piccoli da poter essere bruciati in un camino: sarebbe stato accolto nel monastero se fosse riuscito a spaccare tutta la legna di una delle due cataste prima che il maestro facesse altrettanto con la legna dell’altra. Il giovane accettò, convinto di essere abbastanza robusto per superare il maestro: prese l’ascia che gli veniva offerta, e si avvicinò alla catasta che aveva scelto, aspettando il via. Cominciarono assieme, ed il giovane si impegnò con tutte le sue forze, senza smettere un istante, come se non sentisse la fatica. Invece, il maestro era più composto e più lento, ma colpiva sempre nel segno. Per giunta, il maestro, di tanto in tanto, si fermava ed andava a sedersi all’ombra di un nespolo. E tuttavia, alla fine, il giovane perse: aveva ancora una parecchi pezzi da spaccare nel momento in cui il maestro terminava il lavoro. Il giovane, seccato per non essere arrivato primo, chiese al maestro quale trucco avesse usato per vincere, visto che si era anche fermato a riposare tante volte. Il saggio rispose: «mentre stavo seduto, non solo recuperavo le mie energie, ma ne approfittavo per affilare l’ascia, così da mantenerla efficace e tagliente».
Il problema del tempo libero è molto simile a questo aneddoto della scuola Zen: il risultato finale non dipende solo dalla quantità di energie spese, ma soprattutto da come vengono usate. Spesso, cercando di capire le persone che mi chiedono consulenza, mi sembra di vederle mentre, con tutte le forze, spingono i muri della cella in cui si sono ritrovati in seguito alle vicende della vita, quando, invece, sarebbe più utile calmarsi, prendere fiato, e cercare la porta dalla quale si è entrati, che di solito va tirata. E il mio problema resta quello di spiegare a chi si è tanto impegnato con tanta buona fede come fare a cambiare.
Quando eri un bambino, le sgridate riguardavano spesso la tua pigrizia e la tua indolenza: gli adulti, i genitori, gli insegnanti, ti hanno certamente criticato per l’incostanza e la mancanza di tenacia. Fanno tutti così, perché i bambini vogliono divertirsi e non vogliono ubbidire… forse lo fai anche tu, adesso, con i tuoi figli. Poi sei cresciuto, e le difficoltà della vita ti hanno costretto a ridurre sempre di più i tempi per te, e sono aumentati gli impegni, le responsabilità, i compiti. Le spese e le tasse che non danno tregua, i parenti che chiedono un favore, il lavoro che diventa sempre meno sicuro, le esigenze rimandate che diventano sempre più numerose, gli imprevisti che bruciano anche quei momenti sui quali avevi fatto un conto per rilassarti un pochino. Ma, dato che hai ancora dentro gli imperativi di chi ti sgridava, non molli, e ti impegni sempre di più, senza con questo riuscire ad aumentare i risultati che, invece, tendono a diminuire.
Penso che, a questo punto, ti interessi sapere se e come si possa cambiare, uscire da questi vortici sempre più assillanti, e riuscire a goderti un po’ della vita quotidiana, senza dover rimandare al sogno di una vacanza che, lo sai, non sarà comunque in grado di ridarti le energie che stai consumando ora negli affanni.
Il problema maggiore di chi non ne può più di una situazione che ha sopportato per troppo tempo, e si rivolge ad un esperto per un aiuto nel cambiamento, è che vorrebbe un cambiamento immediato, la bacchetta magica, la rivoluzione, «non si potrebbe cominciare da capo?» come cantava la Maddalena in Jesus Christ Superstar. Lo so bene, perché è successo anche a me, come riporto qui a proposito del professor Pasqualino Frezza.
Invece, il cambiamento è come impostare una curva in bicicletta: se il manubrio viene girato di un paio di gradi, basta qualche pedalata per dirigersi da un’altra parte. Piccoli cambiamenti, portati avanti, ottengono grandi conseguenze. Si tratta quindi di decidere i primi cambiamenti, piccoli ma essenziali, per riportare ordine nella vita. Qui te ne propongo cinque, recuperati dalle analisi di “management time” per la formazione di dirigenti e di liberi professionisti e conditi con l’esperienza di una quarantina d’anni di lavoro per capire le persone ed i loro problemi.
Il primo impegno che ti propongo sembra piccolo, ma ha grandi conseguenze, perché modifica il modo di pensare: per mantenerlo, ti costringe, senza premere, a cambiare le abitudini. L’importante è che, se non riesci subito, non rinunci. All’inizio non riuscirai. Ma è dato per scontato. Se riuscissi subito, non avresti bisogno dell’esercizio. Quindi non scoraggiarti. E, se per qualche giorno, addirittura, dimentichi l’impegno, non rinunciare: ricomincia, e cerca di raggiungere l’obiettivo che ti sei prefissato. Il primo impegno è questo: «non mollare, accetta il fallimento, l’insuccesso, ma non mollare».
Secondo impegno: «prometti di meno e mantieni di più». In particolare, impara a morderti (adagio, senza farti male) la lingua, quando ti viene da fare una promessa, da prendere un impegno. Nella maggior parte dei casi potrai mantenere la promessa o l’impegno senza doverlo dire: sarà una piacevole sorpresa. Ma non promettere se non è indispensabile. Promettere ti tranquillizza quasi quanto l’aver mantenuto, chiude il circuito del bisogno: se prometti riduci la tua forza nel raggiungere l’obiettivo. E questo vale per tutto. Non parlare dei tuoi progetti se non è necessario, non vivere nel futuro con chi non è collaboratore di quel progetto. I desideri devono mantenere la forza della motivazione, e parlarne troppo li fa scaricare. Ne deriva il
Terzo impegno: «Mantieni il segreto sui tuoi sogni, non scaricare la motivazione a realizzarli».
Quarto impegno, che poi è un altro aspetto concreto del secondo: «Arriva in anticipo». L’orario è una promessa da mantenere, che si tratti di andare a prendere i bambini a scuola, di offrire un aperitivo ad un’amica, o di raggiungere un cliente di lavoro. Arrivare in anticipo vuol dire ammettere gli imprevisti e, soprattutto, non iniziare il dòmino dei ritardi e dei recuperi, che diventa sempre meno recuperabile. Prendere l’abitudine di partire in modo da arrivare in anticipo sconvolge il sistema della confusione nel modo di vivere, e ti costringe ad una programmazione più efficace.
Quinto impegno: «Fissa una gerarchia di obiettivi». Decidi cosa è più importante e cosa meno, e mantieni la chiarezza nell’importanza. Troppo spesso le urgenze pretendono di far saltare gli obiettivi più importanti: impara a dire di no a chi ti impone un’urgenza, impara a valutare le urgenze, e a collocarle, nella tua scala di precedenze, al posto adatto. Praticamente, evita che l’ansia dell’urgenza modifichi il tuo modo di agire.
Cinque impegni sono già tanti, anche se ne servirebbe qualcuno in più. Quando avrai imparato a mantenere questi impegni (sei mesi… concediti sei mesi per impararli, in modo che sia realistico), sarai in grado di scegliere i passi successivi. Sul web trovi molte informazioni a proposito del management time, e deciderai le strade più vicine alla tua vita.
Invece, se proprio non riuscissi a mettere in pratica nemmeno uno di questi passi, o se ti accorgessi che quando sei lì per raggiungere un obiettivo, ti scappa di commettere un errore che fa saltare tutto… allora è il caso di cercare una persona con cui parlarne, ed andare a cercare quale sia il motivo meno consapevole che ti fa lo sgambetto… non è sfortuna, è qualcosina da sistemare nel profondo che, generalmente, non richiede molto tempo, ma che non si può risolvere da soli.
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