La Fabbrica dei Martiri

Spesso, essere dalla parte della ragione non conviene

Tre video per analizzare cosa succede a cercare di avere ragione: un’abitudine che si manifesta spesso nelle discussioni di sport o di politica, ma che ha anche gravi controindicazioni, perché produce spesso l’adesione ad opinioni collettive che possono portare conseguenze pesanti. Buona visione!

1 – Le Origini
2 – Le Conseguenze
3 – Il Superamento

Tecniche Educative

Quattro video di semplici accorgimenti per far meno fatica ed aumentare l’efficacia dell’intervento educativo. I primi tre cominciano con il medesimo esempio, per poter essere guardati nell’ordine preferito.

1 – La Comunicazione ed i Castighi


2 – La Comunicazione ed il Buon Esempio


3 – La Comunicazione ed i Premi


4 – La Gestione dei Premi

Quanto costa essere intelligenti!

L’intelligenza non è solo un vantaggio.
Grazie all’intelligenza è stato possibile il progresso, che ha consentito alle persone di vivere meglio, ed in maggior numero. Al «non uccidere» con l’intelligenza è stato sostituito il «fai vivere» aumentando tanto il numero di persone che non muoiono alla nascita quanto quelle che non muoiono di malattia, oltre al benessere ben superiore a quello della vita nelle caverne.

Tuttavia, la persona intelligente ha anche molti problemi che, se non disponesse di questa qualità, non avrebbe. Non a caso, sono molte le persone intelligenti che cercano di intontirsi, ricorrendo a sostanze chimiche, che siano farmaci, o alcool, o stupefacenti.

Fin dall’antichità si sapeva di questo problema, e Omero ha scritto la storia delle difficoltà della persona più intelligente del momento, Ulisse, che ha impiegato dieci anni invece che dieci giorni come i suoi colleghi. Se vuoi approfondire questa vicenda, ho pubblicato un libro: «Il Segreto di Omero»

Approfondendo l’analisi sui motivi per cui l’intelligenza crea problemi, qui un video dove fornisco qualche indicazione per ridurne gli aspetti negativi . Deriva dalle mie riflessioni a proposito di quanto mi aveva detto un caro amico, Umberto Isoli, una ventina di anni fa.

Come fare per ridurre il proprio Quoziente Intellettivo

Anche se sono poche le persone consapevoli di questo desiderio, sono invece molte quelle che, non sopportando la grande capacità mentale in loro possesso, imparano, per tentativi ed errori, a ridurne le potenzialità. Di solito, si tratta di persone intelligenti che non hanno studiato: lo studio, infatti, è il sistema inventato fin dall’antichità per diventare padroni della propria intelligenza. Chi studia costringe il pensiero ad umiliarsi per apprendere quanto proposto da altri, e a non distrarsi secondo le proprie inclinazioni. Per questo, l’alternativa migliore al voler ridurre il Quoziente Intellettivo, è il riprendere lo studio, in modo disciplinato e programmato.

In Oriente, invece, il metodo utilizzato per diventare padroni del pensiero era la venerazione dei maestri. Accettare di essere ignoranti e di ubbidire ciecamente alle parole del maestro è un valido sistema per imporre una disciplina al proprio pensiero, al punto di poter diventare, al termine, maestri a propria volta.

Il motivo per cui l’alto quoziente di intelligenza disturba, infatti, è fondamentalmente l’astrazione. La persona intelligente riesce a trovare l’elemento astratto che consente di applicare la logica alla realtà: se si dovesse registrare nome e cognome di ogni persona che sale su un mezzo pubblico, per decidere poi quando fosse pieno, sarebbe un problema non indifferente. Invece, si chiamano tutti “persone”, in questo modo uno vale l’altro, ed il numero delle persone che salgono sul mezzo pubblico può essere definito a priori, indipendentemente dal valore sociale di ogni singola persona. L’astrazione permette i ragionamenti, ma perde il valore individuale. E chi non ha studiato rischia, proprio grazie all’astrazione, di non riuscire a fermarsi e di ridurre tutto a regole che inevitabilmente finiscono per diventare, prima o poi, contraddittorie.

Anche se nella maggior parte dei casi non si è consapevoli dei motivi per cui l’intelligenza diventi disturbante, si impara presto a ridurne le capacità, mediante il ricorso a piacevoli veleni. Fin dall’antichità, l’alcol è stato uno di questi: se in dosi moderate aiuta ad uscire dall’astrazione quel tanto che basta per evitare gli eccessi dell’autocontrollo, quando l’intelligenza insiste a ragionare su tutto ecco che diventa indispensabile il ricorso al bere per uscire dalla prigione creata dal pensiero astratto. La maggior parte delle persone dedite all’alcol, pur con le debite eccezioni (e quindi senza entrare nell’astrazione della fredda osservazione intelligente), hanno un alto quoziente di intelligenza, e un basso livello di studio. Analogamente succede con altre tante sostanze, alcune note dall’antichità, altre scoperte di recente, che hanno il medesimo obiettivo, di ridurre almeno provvisoriamente le capacità mentali. Anche nella popolazione tossicodipendente si può osservare la frequenza di un alto quoziente intellettivo accanto a basso titolo di studio.

La via del recupero di queste persone consiste, soprattutto, nella validità del maestro da accettare: che si tratti di comunità, o di gruppi di autoaiuto, il lavoro che consegue l’accettazione delle regole imposte e non criticabili è la porta per riprendere la padronanza del pensiero, perdere il desiderio di rinunciare alla propria intelligenza, e riprendere a vivere non sotto sostanze ma sapendo guidare il proprio pensiero.

Che cosa migliora con l’età

Con l’età migliora pensiero. La cultura occidentale, che trae origine soprattutto dalla Grecia dei filosofi, ha finito per dar valore solo ad una componente del pensiero, facendola coincidere con l’intero concetto: oggi, intelligenza e pensiero appaiono sinonimi, e si ritiene che sia importante sviluppare, fin dalla tenera età, la potenza dell’intelligenza, spesso misurata e ridotta ad un numero col quale classificare le persone.

Fino a poco tempo fa, ma spero che resista, la cultura orientale, invece, dava molta più importanza all’esperienza, come componente essenziale del pensiero. Per questo rimane, nella cultura orientale, la venerazione nei confronti dell’anziano: perfino nel linguaggio quotidiano, l’età comporta un valore, ed è quindi normale, per la persona cinesegiapponesecoreanaindiana, e spesso anche africana, dare per scontato che la persona anziana sia anche più saggia.

Mentre l’intelligenza si può potenziare, con lo studio e con l’allenamento, l’esperienza è molto più difficile da trasmettere, ed il metodo riconosciuto più efficace è la venerazione, quella che hanno le popolazioni orientali nei confronti dei maestri.

In occidente, restano tracce di questo metodo da una parte con il nome di “prete“, che deriva dal latino “presbiter“, vecchio, attribuito a chi ha un ruolo di trasmissione dei valori, e dall’altra nel concetto di “transfert” utilizzato dalla psicanalisi come sistema per indurre il cliente ad apprendere dal terapeuta come utilizzare il proprio pensiero.

Apparentemente, la scelta occidentale, di un pensiero preciso e rigorosamente logico, sembra vincente, e in parte sta convincendo le culture orientali: il calcolatore elettronico sta assumendo importanza sempre maggiore nella società, ed arriva a prendere decisioni sempre più influenti nella vita delle persone. Si pensi a quanto determina negli andamenti finanziari nazionali e mondiali: i criteri per definire l’opportunità di un’inflazione derivano da analisi consentite solo a potenti dispositivi informatici, e comportanto la conseguenza dell’impoverimento di alcune persone rispetto ad altre che, per la macchina intelligente, restano comunque solo dei numeri.

La speranza resta nel pensiero orientalel’esperienza e la saggezza in grado di governare il pensiero, e di decidere come usare l’intelligenza. Se il pensiero potesse essere rappresentato da un’automobile, potremmo dire che la tendenza attuale è orientata al potenziamento del motore e della tenuta di strada, mentre la cultura della saggezza dovrebbe riprendere in mano la capacità di decidere dove andare.

Con l’età aumenta l’esperienza e, per chi lo ha scelto, la saggezza. Diminuisce l’efficienza intellettiva, in pratica l’intelligenza, ma aumenta la capacità di dirigere il pensiero, di usarlo per trovare le soluzioni sagge invece che quelle intelligenti che tuttavia comportano conseguenze che sfuggono alla razionalità.

La saggezza non si può insegnare: si può solo imparare. Per questo, le culture che venerano gli anziani aprono le porte ai giovani per l’apprendimento della saggezza: diversamente diventeranno solo intelligenti, avranno ragione, ma non sapranno evitare la guerra.

I pensieri negativi

Introduzione al problema
Cenni sulle cause del problema
Un sistema per affrontarli

NOTA. Il metodo suggerito richiede un po’ di allenamento. I tempi dell’apprendimento non sono immediati, e di solito occorrono una ventina di tentativi per cominciare a vedere qualche effetto. So che sembrano tanti, ma se non si comincia, i fallimenti saranno ancora più numerosi. Se può consolare, è il sistema che utilizzo io, e che ho imparato con tempi ancor più lunghi, perché non sapevo se funzionasse. Cordialissimi auguri!!!

Pedagogia creativa

cinque video veloci per riflettere sull’educazione

Gli argomenti dell’educazione
Gli strumenti dell’educazione

Esempi di obiettivi in educazione
Gli errori in educazione

Le regole dei premi

La storia di Serenella

Non sempre si riesce a recuperare da soli l’amicizia con se stessi

(A.Z.)

C’era una volta Serenella, una giovane principessa molto intelligente e molto bella. Serenella amava andare spesso nella sua casetta nel bosco, dove poteva guardare le montagne, godersi le bellezze naturali e immergersi nei suoi pensieri. Le faceva compagnia Furia, un cane pastore affettuoso e robusto abbastanza per proteggerla in caso di bisogno.

Le giornate scorrevano tranquille e serene: nella sua casetta, Serenella si divertiva a fantasticare e ad immaginare anche di riuscire a parlare con gli animaletti che le si avvicinavano per un po’ di cibo.

Un giorno, mentre Serenella stava parlando con uno scoiattolo, Furia ebbe uno scatto, come se avesse visto una minaccia, e la fece cadere. Serenella si arrabbiò molto e, per castigarlo, rinchiuse Furia in cantina. Il cagnone cercava, con gli occhi dolci, di chiedere scusa, ma Serenella non volle sentire ragioni, e sbarrò la porta di legno.

Da quel giorno, la vita di Serenella cambiò. Aveva paura a liberare Furia, temendo che si vendicasse. Per questo si costrinse a restare sempre presso la sua casetta nel bosco, senza più tornare alla reggia, perché, comunque, doveva dargli qualcosa da mangiare. Ma la paura aumentava, e non osava nemmeno aprire la porta della cantina nel timore che Furia scappasse, e gli gettava il cibo dallo spioncino, senza guardare.

Ormai la principessina trasaliva ad ogni rumore, e tutto, per lei, diventava minaccia o preoccupazione. Serenella non viveva più: la tensione entrava nelle ossa, e le faceva male dappertutto; anche l’appetito se ne era andato, e nemmeno con i suoi amici del bosco riusciva più a dimenticare il terrore che Furia potesse uscire dalla cantina e vendicarsi.

Un giorno che Serenella era particolarmente agitata, vide in lontananza un Viandante, e decise di chiedergli aiuto, pur sapendo che nessuno avrebbe potuto affrontare il suo problema. Invece, il Viandante si dimostrò interessato, la ascoltò, e le fece anche molte domande soprattutto a proposito di Furia.

Serenella si accorse che non si era mai impegnata per conoscere veramente Furia e il Viandante, che era anche un esperto di cani, ne sapeva sicuramente di più.

Il Viandante propose a Serenella di accompagnarla a vedere Furia, ma la principessa non si sentiva ancora pronta: comunque, offrì al Viandante di fermarsi a riposare presso la sua casetta, e mentre lei avrebbe riflettuto sulla nuova idea.

Anche quella notte non riuscì a dormire, ma almeno aveva un pensiero importante da affrontare, e la mattina, stanca e assonnata, pur con molte incertezze accettò il progetto del Viandante.

Standogli dietro, scesero le scale della cantina, fermandosi ad ogni gradino perché Serenella tremava di paura. Furia aveva sentito il Viandante, e fece sentire la sua voce, che per Serenella ebbe subito il significato di una promessa di vendetta.

Serenella diede al Viandante la chiave della stanzina dove era rinchiuso Furia, con mille preghiere di essere prudente e di non lasciare che Furia potesse uscire.

Mentre Serenella tremava tutta, aggrappata alle sue spalle, il Viandante girò la chiave nella toppa, spinse l’uscio e infilò una mano nello spiraglio.

Furia si avvicinò alla mano del Viandante, leccandola affettuosamente, e Serenella pensò subito che fosse un modo per ingannare il Viandante e poter uscire a vendicarsi, per cui si strinse ancor di più alle sue spalle.

Invece, il Viandante prese dalla sua tunica un nastro di cotone, e lo avvolse al collo di Furia, come se fosse un guinzaglio, spiegando che non aveva paura che Furia scappasse, e che faceva così solo per tranquillizzare Serenella.

Intanto, la ragazza era già scappata su per le scale, mentre il Viandante, con Furia vicino, saliva adagio adagio.

All’aperto, Serenella poté guardare Furia, e vedere che era invecchiato, indebolito, ma aveva mantenuto gli occhi dolci che sembravano chiedere una carezza. Con un po’ di timore, Serenella si avvicinò, e lo accarezzò. Il Viandante diede a Serenella il nasto che faceva da guinzaglio, ma Furia restò vicino ai suoi piedi. Nel giro di breve tempo tornò la sintonia di un tempo: si scambiarono le coccole e gli abbracci che mancavano tanto anche alla principessa.

Mentre Serenella e Furia erano assorti nelle loro effusioni, il Viandante se ne andò in silenzio, lasciando che entrambi gustassero la nuova amicizia.

In breve, Serenella tornò gioiosa e tranquilla, e riprese a girare per il bosco, ad ascoltare gli uccellini e a parlare con gli animaletti.

Passò poco tempo, e Serenella decise di tornare alla reggia, sempre accompagnata da Furia. Ci furono grandi feste e venne incoronata regina: accanto al trono, venne collocato un cuscino perché Furia potesse sempre starle vicino, a proteggerla e a farle compagnia, e anche ad aiutarla nelle decisioni impegnative, tanto apprezzate da tutta la popolazione.