«L’acceleratore in educazione»
Tre approfondimenti sull’articolo, “Capire come si fa ad educare con un esempio“: uno per il freno, uno per il volante, e questo per l’acceleratore.Come abbiamo visto a proposito del funzionamento del pensiero, l’automatismo dominante porta a ripetere le esperienze che forniscono vantaggi, e ad evitare quelle che recano danno. Il bambino impara a camminare perché così arriva prima a quello che desidera, ed evita di ripetere tutti i movimenti che lo fanno cadere: un processo che, quando si ha tentato di riprodurre sui robot ha comportato enormi difficoltà, fino a che non è stato fatto ricorso all’Intelligenza Artificiale, che, invece, ha utilizzato, quasi copiandoli, i processi di apprendimento dell’animale. I robot oggi camminano non grazie ad un programma, ma grazie al loro apprendimento. L’automatismo neurologico di apprendere i comportamenti vantaggiosi evitando quelli dannosi è diventato vincente anche per le macchine. Tornando al nostro prolema, di educazione, l’essere umano dispone di automatismi cerebrali del medesimo genere. Vero è che disponiamo anche di una consapevolezza e di qualche capacità per superarne alcuni, ma se non si valorizzano gli automatismi, si finisce per fare fatiche inutili, così come il guidatore che volesse ignorare le leggi della tenuta di strada farebbe molta fatica a raggiungere la méta.
Come già accennato, l’acceleratore nella guida dell’educazione è costituito dal fornire vantaggi a chi viene educato, compito in realtà molto più difficile che non distribuire i castighi. Per tradizione, l’educazione viene considerata conseguenza della severità, fondata sulle punizioni per chi si comporta male, e sull’assenza di punizioni per chi si comporta bene. Il sistema educativo fondato sulle punizioni è altamente selettivo: di fatto non insegna comportamenti, e si limita a sottolineare le differenze tra chi è già disciplinato e chi, invece, ha altre doti. In questo modo, soprattutto in passato, solo una minoranza aveva successo, ma questa minoranza finiva per ripetere la selezione a danno della maggioranza. Distribuire castighi è relativamente facile: i guai sorgono con l’adolescenza, nei casi di chi ha una forte personalità e comincia a rifiutare il castigo, perché in questi casi viene inevitabilmente perso dai sistemi educativi. Lo stesso avviene con le forme educative lassiste, quelle che lasciano fare, senza intervenire: chi è disciplinato di natura impara qualcosa, ma chi tende alla ribellione si allontana sempre di più dai metodi educativi.
Per questo, il “premio” costituisce un’arma potente, anche se richiede un’attenzione costante. Ho messo la parola “premio” tra virgolette, perché, è una questione di punto di vista: per chi lo dà, è un premio, ma non funziona se, per chi lo riceve, non costituisce un reale vantaggio. Dare ai giovani qualcosa di costoso non è, in sè, educativo. Il momento efficace si realizza, invece, quando il comportamento del giovane è in linea con il progetto educativo, e compie un progresso: se, nel più breve tempo possibile, il giovane ne trae anche un vantaggio, il processo educativo viene accelerato. Per esempio: se tra i valori scelti dai genitori c’è la solidarietà, ed il bimbo di due anni, vedendo un coetaneo caduto, si ferma per consolarlo ed aiutarlo, allora il genitore che esclamasse un bel “bravoooo!!!” accelererebbe il processo per fare acquisire il valore al figlio.
Per riuscire bene nella gestione dei vantaggi ai giovani che si comportano secondo gli obiettivi decisi per la loro formazione, occorre soprattutto l’attenzione a cogliere ogni progresso, ed evidenziarlo. Naturalmente, si fa quello che si può: ma se si prende anche solo uno dei valori accettati da entrambi i genitori, e ci si impegna nel realizzarlo, le soddisfazioni saranno notevoli, oltre alla consapevolezza di aver contribuito efficacemente alla realizzazione dei propri figli.
È molto importante essere coerenti, nella gestione dei “premi“: evitare che diventino conseguenza dell’umore dei genitori e, soprattutto, ricordarsi di premiare il comportamento (non l’intenzione!) anche quando i genitori sono stanchi o nervosi. Per questo è essenziale un progetto, concordato con i genitori, per accorgersi dei progressi ed evidenziarli. Nel progetto verranno semplicemente scritti l’obiettivo finale e le condizioni presunte per raggiungerlo: se cerco l’amore per la cultura come valore finale, tra le condizioni ci saranno la curiosità, la memoria, l’applicazione allo studio di qualsiasi cosa, anche delle regole per vincere ai videogiochi, eccetera, così che, gliendo comportamenti di questo tipo nei figli, sia possibile evidenziarli subito positivamente.
I “premi” devono essere vantaggi per chi li riceve. Per questo, le lodi sono, sicuramente il primo strumento importante: lodare i figli quando lo meritano è uno dei sistemi più economici, ma anche il meno usato. Per i genitori è facile scaricare il nervoso sui figli, e notare ogni errore, mentre è difficile entusiasmarsi per i loro successi: invece, l’entusiasmo dei genitori per i successi dei figli costituisce un legame prezioso, preventivo ed efficace. I figli che sanno di godere della stima dei genitori, manifestata mediante l’espressione della soddisfazione per i successi, non hanno bisogno di cercare l’approvazione delle compagnie dei coetanei, e sono meglio guidabili verso un’età adulta di soddisfazione.
È importante non dimenticare di esprimere la soddisfazione nei loro confronti. Dato che un figlio, nella peggiore delle ipotesi, sbaglia al massimo il 10% di quello che fa (chi non ci credesse faccia i conti!), è facile trovare nel rimanente 90% un buon motivo per esprimere soddisfazione. Il dialogo si fonda su questo: sulla capacità del genitore di apprezzare il figlio, secondo la regola fondamentale per cui “buon sangue non mente“. In altri termini, il genitore che sgrida troppo il figlio comunica al figlio che lui stesso non si stima, e ritiende di avergli trasmesso qualità pessime.Le lodi vanno spiegate: non devono essere complimenti, gratuiti, giusto per fare piacere. La spiegazione delle lodi implica che il genitore è attento al figlio, lo studia e lo capisce, e gli spiega non solo che sta andando bene, ma anche perché sta andando bene… Questo è sicuramente un lavoro faticoso, ma, quando si comincia a farlo, diventa molto piacevole, perché denso di soddisfazioni e permette di gustare la gioia del trasmettere la vita e l’esperienza.
Tra i “premi“, avanzando l’età, può esserci anche il denaro. Fin dalla scuola media è possibile dare del denaro ai figli da amministrare. Il «segreto» per una buona gestione del denaro in educazione consiste nell’evitare di spendere più del necessario. Per esempio, se si decide che in prima media di cominciare a far gestire le merendine a scuola e con gli amici, prima si calcola quanto si spende al mese per questa voce, poi si toglie il 10%, e lo si divide per quattro: questa è la somma che verrà consegnata al lunedì. (Se spendo 50 € al mese, meno il 10% diventano 45€ che, diviso 4, fanno 11€ alla settimana). A questa somma verrà aggiunto del denaro che gli verrà dato in seguito ai premi conseguiti mediante il comportamento, in un contratto esplicito: si spiegherà al ragazzino che, per i successi che i genitori ritengono meritevoli, verrà pagato un contributo ulteriore. È importante fare in modo che le tappe di miglioramento siano raggiungibili e coprano quel 10% che manca. Anche se sembra un calcolo complicato, di fatto è molto semplice, anche perché si può sempre correggere con l’andare del tempo, aumentando la base settimanale, o variando il peso dei premi, in modo che lo strumento sia efficace e motivante all’impegno.
Con le superiori, è opportuno passare ad una paghetta mensile, e comprendere via via, anche altre voci, dalla cancelleria scolastica al vestiario ai divertimenti: tutte spese, naturalmente, che verranno delegate al figlio, e quindi risparmiate dalla cassa famigliare, sempre con il margine del 10% da completare mediante i premi.
Gli strumenti per la guida dell’educazione sono quindi fondamentalmente tre: prima di tutto bisogna sapere dove andare (volante), e definire i valori cui si vogliono educare i figli, altrimenti saranno educati dall’ambiente, secondo i tornaconti dell’ambiente. In secondo luogo occorre conoscere il funzionamento dei freni, e come insegnare a gestire l’impulso. Infine, qui abbiamo visto come potenziare gli ideali cui educare i figli, anche se, ovviamente, in modo molto concentrato. Resto comunque a disposizione di chi volesse chiarimenti sul suo caso personale: mi scriva a sandro.zucchelli@email.it
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