L’intesa imperfetta

«Sono responsabile di quello che dico, non di quello che capisci tu»

(M. Troisi)

Per dodici anni sono stato Componente Privato del Tribunale per i Minorenni presso la Corte d’Appello di Brescia. In quel periodo mi è capitato di ascoltare molti casi di conflittoseparazione, tra questi, ne ricordo uno in cui, alla domanda del Presidente “Perché vi state separando?“, l’uomo ha risposto “Perché questa vuol rovinare mio figlio: fa tutto il contrario di quello che mia madre mi ha insegnato nell’educazione”. In quella coppia, ciascuno era convinto di sapere esattamente cosa voglia dire la parola “madre“, avendolo imparato per esperienza vissuta. Tuttavia, la loro idea in proposito era differente, e ciascuno riteneva che fosse il coniuge a voler fraintendere, come se l’idea di “madre” fosse unica, e chi ne avesse una diversa fosse in malafede.

Di chi è la colpa, quando non ci si capisce? Ciascuno pensa di avere la coscienza a posto nella misura in cui sa di essere stato chiaro nell’esprimere il proprio pensiero, ma, per esperienza personale, ciascuno sa anche di non mettere malizia quando ascolta, e di essere sicuro di aver capito proprio quello che sostiene di aver capito, quindi conclude che, se c’è equivoco, è colpa dell’interlocutore, perché ciascuno si sente a posto.

Invece, il problema maggiore nella comunicazione è dovuto al fatto che chi ascolta è colui che decide cosa voglia dire chi parla. Lo decide senza accorgersi, senza essere in Rorsmalafede, tanto che il test psicologico più famoso, quello delle tavole di Rorschach, si fonda proprio su questo, su cosa veda una persona in un’immagine poco chiara, praticamente su come interpreti, spontaneamente, un messaggio visivo che riceve. Per ciascuno, il significato di quello che ascolta è unico e chiarissimo, ma questo non significa che il significato che capisce sia uguale per tutti coloro che ricevono lo stesso messaggio.

La difficoltà nel capirsi sta proprio qui: ciascuno è convinto di essere chiaro in quello che dice, ciascuno è convinto di capire bene e senza ombra di dubbio, ma, poiché non è possibile una verifica perfetta di ciò che è stato capito rispetto a ciò che è stato detto, l’equivoco è sempre in agguato e, generalmente, aumenta nel tempo. Piccole imprecisioni rotturasi sommano fino a portare a grosse difficoltà di comunicazione, come si vede, per esempio, quando si rompe un’amicizia. Anche se a volte sembra che la rottura avvenga in seguito ad un preciso episodio, di fatto tante piccole incomprensioni, sommate tra di loro, rendono grave l’ultimo episodio, e impossibile il superamento. Questo, proprio perché ciascuno è convinto di essere stato chiarissimo nell’esporre le proprie idee, e di aver capito perfettamente le affermazioni dell’interlocutore.

In altri termini, non basta la coscienza a posto di essere stato chiaro per essere sicuro che non ci siano incomprensioni: chi ascolta deciderà, inconsapevolmente, il significato del messaggio ricevuto, dando per scontato che sia quello e solo quello.

Raramente la differenza tra ciò che viene detto e ciò che viene capito è enorme: si solito si tratta di piccoli dettagli che si sommano nel tempo. Per esempio, quando due persone cominciano una relazione affettiva, dànno per scontato di usare termini ben comprensibili reciprocamente, tanto sul piano non verbale, baci e coccole, che su quello verbale, “ti amo” eccetera, e la progressiva unione sembra confermare la comprensione reciproca. Di fatto, non solo per il fatto che sono di sesso diverso, ma anche per l’educazione differente, ciascuno attribuisce un significato lievemente diverso a ciascuno dei messaggi e, fino a che permane la relazione della conquista, ciascuno si sforza di intendere al meglio i messaggi che riceve. Quando, tuttavia, si passa al legame permanente, connotato dal diritto e dai doveri reciproci, ecco che cominciano a saltar fuori le differenze nelle letture dei messaggi. Ci si accorge che il partner intende l’amore più come essere amati che non come amare, che non tutti i baci sono genuini, che la spontaneità in intimità non è così graditachiappori2La comunicazione diventa difficile, ciascuno pensa di dire quello che realmente pensa, e intende che il partner non è altrettanto sincero, in quanto dice cose nuove, come se fosse cambiato, e non si accorgono, né l’uno né l’altro, che è solo un loro modo diverso di capire i messaggi che ricevono. Nel periodo della seduzione i messaggi si leggevano “con beneficio di inventario“, mentre dopo si leggono con l’attenzione dei vincoli al contratto. Tutti i messaggi ammettono diverse letture, e ciascuno crede che la propria lettura sia l’unica possibile.

Se hai seguito bene il discorso, è naturale un po’ di panico: praticamente, quello che hai letto non ha solo il significato che hai capito, ma ciascuno dei lettori gli attribuirà un significato poco o tanto differente. Chi è soltanto curioso capisce in modo differente da chi è invece addetto ai lavori, o da chi sostiene una tesi differente e cerca motivi di disaccordo. E così succede anche quando parli: quello che capiscono gli altri non Parolacoincide con quello che intendi, anche se le differenze spesso sono trascurabili, ma a volte diventano pericolose.

Ci sono dei sistemi che consentono di migliorare la precisione nella comunicazione: ne parlano molti autori sulla comunicazione, a partire da P. Watzlawick, per finire al sottoscritto. L’importante, prima di tutto, è saperlo. Sapere che, se ci sentiamo fraintesi, è solo conseguenza di come funziona la comunicazione, per cui non è colpa di chi non ci capisce; e sapere che quello che viene capito non coincide con quanto era nelle intenzioni di chi parla, è almeno il primo passo per ridurre le imperfezioni nella comunicazione.

Pubblicato da

Alessandro Zucchelli

vedi www.sanzuc.it