Il dramma dei compiti a casa

«Guadagnerai il pane con il sudore della fronte»

(Genesi, III, 17)

Servono o non servono? Da abolire o da mantenere? Come sempre, ci si divide in due scelteschiere, i pro e i contro, mentre sarebbe più corretto porre le condizioni: come in tante decisioni educative, tra il sì ed il no, è meglio il se. Per questo è meglio porre il quesito: «a quali condizioni i compiti a casa possono essere utili?»

La scuola dell’obbligo è talmente entrata nella vita quotidiana che ha perso il suo significato, come, in fondo, ha perso significato anche il lavoro. Si va a lavorare e si va a scuola semplicemente perché è il proprio dovere: i compiti a casa, nel pensiero comune, costituiscono il dovere per i piccoli, per abituarli al fatto che la vita deve essere di sacrifici e di rinunce. La convinzione che i compiti servano per insegnare la sofferenza e siano l’alternativa al piacere ed alla spensieratezza è confermata prima di tutto da quei docenti che, per punizione, aumentano i compiti: agli occhi dell’alunno,insegnanteAutor l’insegnante di matematica che, per punizione, aggiunge quattro pagine di espressioni ai compiti già prescritti, appare come chi, per primo, odia la propria disciplina, considerandola una tortura invece che il motivo per cui ha dedicato anni della sua vita ad apprenderla. E quante volte, i genitori dicono al figlio che non vuol fare i compiti “anche a me non piace andare a lavorare, eppure ci vado!“?

La maledizione del Peccato Originale, che per tanto tempo ha giustificato lo sfruttamento PeccatOriginaledei poveri da parte dei nobili e dei religiosi, resta nella cultura comune come una condanna inderogabile, da insegnare fin da piccoli e da portarsi dietro tutta la vita: quanti hanno scelto il lavoro in base a questo criterio, di lavoro come rassegnazione alla sofferenza, oppure come sistema per cercare di soffrire il meno possibile? L’alienazione del lavoratore parte prima di tutto da qui, dal pensare al lavoro come conseguenza della maledizione divina, e come obbligo alla sofferenza.

Per il lavoro, la rivoluzione sarebbe semplice: basterebbe accorgersi che il valore è costituito da quanto ci si rende utile agli altri, e quindi quanto gli altri sono disposti a pagare per quel servizio. Anche se da adulti non è facile arrivare a questo modo di intendere il proprio lavoro, sarebbe fondamentale se i giostudentessavani avessero un orientamento scolastico di questo genere: trovare l’attività per cui più facilmente si rendono utili agli altri, così utili da riceverne in cambio un valido compenso.

In questa prospettiva, la scuola diventa anche la preparazione al lavoro, che non è più sacrificio, ma disponibilità al sacrificio, pur di arrivare alla capacità di essere utili agli altri nel modo più efficace possibile, così da averne un tornaconto adeguato. Compito della scuola, infatti, è la formazione alla vita, trasferendo ai giovani quanto è stato appreso dall’umanità per migliorare le condizioni di vita individuali e sociali. Se fosse chiaro per tutti, genitori, docenti e allievi, questo obiettivo, non dico che la scuola diventerebbe solo piacevole, ma almeno interessante e gradita. Obiettivo che, per altro, è quello per cui nasce la scuola, ed è stata tanto richiesta in passato come diritto per tutti.

In questa luce, i compiti a casa assumono un significato molto diverso, perché mirano a tpensiero_1re obiettivi fondamentali. Il primo è la sperimentazione personale relativa a quanto appreso: non basta capire le addizioni quando vengono spiegate, occorre anche esercitarsi a calcolarle e verificare di essere diventati capaci. Il secondo è la padronanza del pensiero: imporsi di pensare all’esecuzione dei compiti comporta l’assunzione del controllo del sistema nervoso, un allenamento fondamentale per poter comandare sulla mente invece di ubbidirle. Il terzo è la capacità di organizzazione: decidere come organizzare il proprio tempo in funzione degli impegni futuri, per avere il massimo rendimento col minimo di fatica, è conseguenza di un esercizio che avviene quando è il giovane che può scegliere quando e come eseguire i compiti che gli sono stati assegnati.

Tutto questo, urta notevolmente con l’organizzazione della famiglia, quando la famiglia c’è. Perché la famiglia è in crisi, e, stando alle statistiche clandestine (non è possibile indagare direttamente, per la privacy) risulta che quasi la metà degli allievi della scuola dell’obbligo, in Italia, hanno genitori con due residenze differenti, per non contare quanti hanno entrambi i genitori lavoratori a tempo pieno. I compiti a casa, invece, nascono perché possano essere svolti in presenza della madre casalinga, che assista e compiticontrolli durante la maturazione del figlio. Questa condizione si realizza ormai per una minoranza: ciò significa che, fino ad ora, i compiti a casa aiutano molto nella formazione soltanto quei pochi che hanno la famiglia unita e la madre che può dedicarsi ai figli, oltre ad una esegua minoranza di chi fa i salti mortali per seguire i figli nei compiti a costo di enormi sacrifici. Ci sono anche quelli che vengono accuditi dai nonni, ma non può essere questa la regola da chiedere a tutti. Per gli altri, i minori che non vengono assistiti durante l’esecuzione dei compiti, non solo non c’è la formazione prevista, ma c’è anche l’apprendimento del dovere come condanna: nasce qui, per moltissimi giovani, la motivazione ad entrare in conflitto con la scuola, ed a cercare i sistemi per evadere dai doveri, siano essi scolastici o lavorativi.

Per questo, se non cambia la modalità dell’esecuzione dei compiti, così che per tutti il diritto allo studio diventi reale in tutte le sue componenti, si otterrà soltanto che la scuola radicherà la divisione di classe, aiutando i privilegiati e condannando la maggioranza. Per questo vale nemmeno togliere i compiti, perché in questo modo i privilegiati troveranno comunque i loro strumenti e saranno i poveri a rimanere comunque senza. Occorre quindi ristrutturare completamente la scuola dell’obbligo, dedicando molto più tempo alla formazione, comprendendo gli obiettivi dei compiti a casa. Diversamente, quelle sui compiti saranno solo sterili polemiche a danno degli svantaggiati, e le conseguenze cominciano già ad evidenziarsi. statPovert

Pubblicato da

Alessandro Zucchelli

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