«Molti pensano ancora che se ti diverti non impari.»
Per millenni l’educazione si è fondata sui castighi: il buon educatore doveva essere severo, e punire ogni mancanza, con la sgridata ma anche con la vergogna di finire dietro la lavagna, o con le pene corporali delle bacchettate o dello stare in ginocchio sui sassolini. Analogamente, in casa, gli strumenti educativi erano le percosse, a mani nude o con cinghia, battipanni, o qualsiasi altro oggetto contundente. E ancora oggi qualcuno rimpiange questi metodi.
Il cambio di rotta.
Due medici, M. Montessori (1870-1952) e B. Spock (1903-1998), più che tanti pedagogisti, ebbero il coraggio di ridurre l’importanza dei castighi, anche se il primo studioso che ha messo a fuoco la validità educativa del premio rispetto al castigo è stato lo psicologo B. F. Skinner (1904-1990): praticamente, è solo nel secolo scorso che si cambia rotta educativa e, osservando il progredire della scienza e del sapere, probabilmente ci sono buoni collegamenti tra l’aumento della capacità di studio e la riduzione dei castighi nell’educazione.
Il motivo per cui si è sempre ritenuto che il castigo fosse un metodo efficace è dovuto alla sua capacità di scoraggiare: solo chi aveva doti già orientate al successo ed era sufficientemente tenace, riusciva ad arrivare al risultato finale, mentre tutti gli altri, prima o poi, proprio in seguito alle punizioni, abbandonavano. Purtroppo, i vincitori di questa gara erano più convinti dell’efficacia del castigo che non delle proprie capacità, ed hanno a loro volta imposto il castigo come sistema educativo per i propri figli o per i giovani che erano loro affidati: ancora oggi molte persone attribuiscono alla mancanza di castighi la causa dei comportamenti asociali dei giovani.
Invece, il problema sta nella mancanza di istruzioni per l’uso dei premi. I castighi si usavano spontaneamente, come se non occorresse una capacità educativa e, spesso, si era convinti di fare bene punendo in seguito all’emozione, generalmente all’ira. I genitori, ma anche gli insegnanti, quando erano in preda alla frustrazione, castigavano con maggiore abbondanza; ed oggi avviene spesso che i premi si elargiscano più facilmente se si è contenti: ma l’educazione non è una questione emotiva.
1: Conoscere gli obiettivi.
Per disporre di uno strumento educativo efficace, è necessario prima di tutto aver ben chiari gli obiettivi educativi: cosa si vuole ottenere dall’educazione, scegliere come influenzare il futuro dei giovani, prima che vengano influenzati dalle loro compagnie o da altri. In altri termini, occorre essere ben consapevoli dei valori che si intende trasmettere ai giovani.
2: Rinforzare i comportamenti con la lode.
Fatto questo, si tratta di rinforzare ogni comportamento che vada in quella direzione. Il rinforzo consiste, appunto, nel premio, inteso come il contrario del castigo. Quindi la lode, il complimento, la meraviglia, e tutto ciò che può essere il contrario della sgridata, costituisce la base del premio per appoggiare il comportamento che si intende valorizzare. L’educazione dei premi si fonda soprattutto sulle lodi.
3: La gestione dei regali.
Questo comporta anche un controllo sui regali: i regali possono diventare ottimi premi, se collegati ai comportamenti che si desidera rinforzare. Invece di regalare quando si ha voglia, si regala quando c’è un comportamento particolarmente importante, da rinforzare, che sia un bel voto a scuola o un’iniziativa coerente con gli obiettivi predefiniti.
4: Castighi quasi annullati, ma non da dimenticare.
Tutto questo non comporta l’abolizione dei castighi: si tratta di evitarli il più possibile, ma di mantenerli quando occorre motivare al premio. I castighi servono fondamentalmente in due casi, quando occorre impedire un comportamento pericoloso, e quando occorre dare uno stimolo al cambiamento. Nel primo caso si fa quello che si può, come quando si ricorre al freno a mano per evitare un incidente: bisognava pensarci prima, ma meglio un intervento improvvisato che conseguenze peggiori. Nel secondo caso l’ideale è utilizzare la minaccia del castigo, e ritirarla appena si ottiene l’effetto, perché quello che si vuole non è il castigo, ma lo stimolo.
La pedagogia dei premi.
La pedagogia dei premi è semplice, e non comporta costi aggiuntivi: richiede, invece, la consapevolezza degli obiettivi. La pedagogia dei castighi si fondava soprattutto sull’irritazione di vedere i giovani andare contro i doveri che costringevano gli adulti: ed era facile che qui si nascondessero molti tabù. Sapere cosa è più importante per i figli, e premiarli tutte le volte che vi si avvicinano, è il sistema per mettere in pratica l’amore per le nuove generazioni.
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