Le trappole della mente

«Con l’immagine ho solo voluto attirare la tua attenzione»

(A. Zucchelli)

Che gli organi di senso non siano affidabili ti è stato dimostrato fin da quando stavi furtorubando la marmellata e non hai sentito la mamma che arrivava: ti sei anche sforzato di essere più attento, ma hai dovuto arrenderti all’imprecisione della sensibilità. Fidarsi soltanto della percezione non basta, perché è ingannevole e, come dice il proverbio, si rischia sempre di prendere lucciole per lanterne.

Per questo si impara a ragionare. I primi veri ragionamentiPensiero risalgono al terzo anno di vita, e poi, via via, aumentano nel peso e nel controllo della vita quotidiana. Ben presto, quindi, il pensiero diventa il riferimento unico per le decisioni, portando alla convinzione di assoluta affidabilità.

Quindi, anche per te è normale e banale affidarti alla tua intelligenza, come se fosse infallibile: quando ti capita di accorgerti di un errore, rifai il ragionamento, raccogli altri dati, e ricominci daccapo, come se il pensiero non potesse sbagliare, escludendo che, invece, possa essere proprio il cervello a fallire. Capisco: «dribblingse il cervello può sbagliare, come fai ad essere sicuro che questo ragionamento sia giusto?». Prima di rispondere a questa obiezione, lascia che ti faccia notare il comportamento del sistema nervoso: pur di mantenere la propria sicurezza, ricorre a tutti gli artifici che conosce. È vero, io non sono sicuro che questo ragionamento sia giusto, ma vale molto di più l’altra faccia della medaglia, il fatto che il cervello non può essere sicuro del suo ragionamento. E l’evidenza sta nel fatto che altre persone sostengono altre conclusioni, con ragionamenti ugualmente attendibili, almeno per loro. Come diceva mia nonna: «Quel dottore ragiona bene: ragiona come me». E notava G. Bonner che, pur di non dubitare del nostro pensiero, ci circondiamo di persone che abbiano le nostre stesse opinioni.

Ci sono molte dimostrazioni della fallacia del pensiero,tirangoli a partire dalle illusioni ottiche dove la percezione viene interpretata in modo errato, dando sensazioni di deformazioni o addirittura di movimento. Ma benché siano documenti della fragilità del pensiero, tuttavia rimangono letti come curiosità che non scuotono, in chi le prova, la convinzione che il cervello resti affidabile: gli esempi delle illusioni ottiche si trovano sui testi di psicologia, ma non nella vita quotidiana.

Invece, il professor P. Zimbardo si è scontrato violentemente con questo problema, di affidabilità del pensiero, e ne ha pubblicato un volume. La sua intenzione era dimostrare scientificamente che il carcere depersonalizza gli esseri umani: un poderoso Stanfordinvestimento a spese dell’università di Stanford (USA), la raccolta di dati mediante videoregistrazioni, gli studi preliminari accuratissimi ed un’accuratissima scelta dei soggetti cui applicare la sperimentazione, che avrebbe dovuto durare 15 giorni. Dopo meno di una settimana, tuttavia, l’esperimento ha dovuto essere interrotto, avendo portato a conseguenze molto diverse da quelle che ci si aspettava, mettendo a rischio l’incolumità psicologica di alcuni soggetti coinvolti nell’esperimento. Zimbardo ne ha concluso che il pensiero modifica il proprio modo di ragionare in conseguenza alle esperienze ed all’ambiente in cui si trova.Milgram

Milgram, prima di Zimbardo, aveva già scoperto, con i suoi esperimenti, che il pensiero non è così coerente come si crede, e che è in grado di modificare anche i valori più importanti se la realtà sembra richiederlo.

Riassumendo, la percezione non è affidabile, i ragionamenti sono fragili, i valori non sono così solidi e possono mutare: se Zenone di Elea, quasi cinquecento anni prima di Cristo, dimostrava l’inaffidabilità dei sensi, mediante i famosi paradossi, oggi possiamo riconoscere che nemmeno il pensiero può dare affidamento per stabilità ed obiettività.

D’altro canto, la teoria evoluzionistica ci informa che il sistema nervoso si sviluppa per migliorare l’adattamento, non per renderci capaci di studiare filosofia. L’analisi delle trappole mentali e delle fragilità del ragionamento diventano comprensibili alla luce della selezione naturale, che ha favorito chi, mediante il pensiero, riesce a vivere meglio balillarispetto a coloro che cercavano di usare il pensiero per cercare la verità. Anche se ci scandalizza, si salva più facilmente la prole di chi riesce ad adeguare il proprio pensiero all’ambiente che non quella di chi riesce a mantenere la coerenza con le proprie idee. Gli esperimenti di Zimbardo e di Milgram dimostrano la capacità di adattamento del pensiero, quella stessa capacità che ha portato le maggioranze ad approvare l’Inquisizione e tante altre atrocità, e che è funzionale alla sopravvivenza: chi si oppone ai movimenti di massa, forse verrà ricordato come eroe, ma difficilmente trasmetterà ai posteri i suoi geni.

Zimbardo descrisse il suo famoso esperimento nel tentativo di conviAbuGhraibncere i tribunali USA che le efferatezze commesse dai militari americani presso il carcere di Abu Ghraib all’inizio del secolo, erano conseguenza dell’ambiente e non della cattiveria individuale, ma proprio lui ha dimenticato che anche i giudici che volevano condannare quei militari, risentivano delle medesime pressioni ambientali, anche se in direzione opposta, e quindi non lo hanno ascoltato. Non si può avere un pensiero astratto, fuori dal contesto ambientale, come non esiste una scienza che possa essere definirsi assoluta, o “neutrale“, come si diceva nel ’68.

Per questo, quando due persone sono in disaccordo, sono entrambe convinte di avere ragione: perché il pensiero non è assoluto, non è neutrale, ma risente delle spinte alla sopravvivenza, mirando non alla verità ma ad aver ragione, a prevalere, a vincere.

A questo punto è importante ricordare che c’è una sfumatura che separa gli studi rigorosamente scientifici dai ragionamenti quotidiani. Si fa fatica a pensare che gli studi scientifici possano essere non neutrali, non obiettivi, anche se la storia dimostra, con il progresso, che le posizioni precedenti non erano precise. Tuttavia, proprio in base alla sceltapossibilità di rigore scientifico, si finisce per credere che anche i propri ragionamenti siano altrettanto assoluti ed incontrovertibili, dimenticando che, nella vita di tutti i giorni, si utilizzano termini approssimativi e non si adottano le regole che garantiscono la ricerca.

Le trappole mentali sono quindi presenti ogni giorno, e sono il motivo per cui si litiga, cercando di aver ragione, di prevalere, invece che risolvere i problemi. Il pensiero serve per risolvere i problemi, ma, se il problema diventa l’aver ragione nei confronti dell’interlocutore, allora perde efficacia e diventa fonte di equivoco: un esempio tipico è costituito dalle discussioni di calcio, dove l’assenza di conversioni, di passaggi di tifo da una squadra all’altra, confermsquadrea che i ragionamenti sono relativi e finalizzati alla difesa della propria convinzione. Se fosse possibile un ragionamento inoppugnabile, tutti i tifosi sosterrebbero la medesima squadra.

Per questo, se ti interessa la pace, costruiscila con i fatti, e non con i ragionamenti: se ti accorgi che cominci a riflettere in seguito ad un litigio, chiediti se vuoi far pace o vuoi aver ragione… se vuoi aver ragione, ci riuscirai sicuramente, ed è inutile pensarci troppo. Ma se vuoi la pace, allora trova qualche problema concreto da risolvere assieme, senza discussioni.

Pubblicato da

Alessandro Zucchelli

vedi www.sanzuc.it

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