«Troppa gente si occupa dei sensi unici e dei sensi vietati, senza mai mettersi in cammino»
Di tanto in tanto si sente l’esigenza di cambiare, di essere diversi, di trovare la voglia e gli strumenti per realizzare qualcuno dei sogni che sono sempre stati presenti nella fantasia, e che non si è mai trovato il tempo o la voglia per impegnarsi a realizzarli. Per qualcuno è la voglia di essere famoso in qualche campo; per altri semplicemente il desiderio di pace e di serenità, smettendo di dover combattere tutti i giorni contro nuovi problemi; con lo spazio per tutte le possibilità intermedie. Questo disagio, dei sogni irrealizzati, è praticamente sempre presente, poco o tanto, ma è solo in qualche periodo che emerge la spinta a pensare che si potrebbe ricorrere ad un investimento di energie per una soluzione decisiva. Chi ha smesso di fumare sa che il passo determinante è avvenuto in uno di questi momenti, e l’impegno è stato efficace.
È un po’ come quando si accumulano gli oggetti in una stanza: da una collocazione provvisoria si passa ad un vago disordine, che peggiora e rende sempre più ostica l’idea di dedicarsi a sistemare: si sa che sarebbe da fare, ma si rimanda. Col tempo si accumula di tutto, e la voglia di riordinare si allontana, anche se nel profondo si cercano soluzioni che ogni tanto affiorano… «durante la prossima vacanza… »; «mi faccio aiutare dal mio amico… »; «noleggio un’impresa di pulizie… »; «butto via tutto, come se ci fosse stato un incendio… »; e così via.
Finalmente, si decide di impostare il cambiamento: c’è chi compra l’abbonamento per la palestra, chi parte per un viaggio, chi si iscrive ad una scuola serale. Di solito, il rivolgersi ad uno psicologo arriva in seconda battuta, quando il primo tentativo si è rivelato insufficiente.
Ma cosa vuol dire cambiare? Al di là della tecnica tipica di ogni forma psicoterapeutica, penso che la spiegazione migliore l’abbia fornita il mio Autore preferito, P. Watzlawick, nel sul volume, Change. Il concetto chiave è la “ristrutturazione“: l’organizzazione della conoscenza secondo un’altra prospettiva. In passato, anche se limitatamente agli argomenti religiosi, si utilizzava il termine “conversione“.
Questo significa, prima di tutto, che la persona che si sottopone ad un trattamento, non viene modificata: non c’è plagio, e non c’è deformazione. Anche se il cambiamento ci sarà, non sarà un tradimento, non verrà rinnegato nulla del passato, nemmeno le esperienze di cui ci si può vergognare: anzi, tutto verrà valorizzato.
Riprendendo l’esempio della stanza in disordine, il primo, e forse unico, intervento, consiste nel capire che gli oggetti non si sono accumulati lì a caso, ma ciascuno aveva un suo preciso motivo per trovarsi in quella posizione. Ci sono forme psicoterapeutiche lunghe, “analitiche“, che vogliono scoprire il motivo di ogni collocazione, e forme più brevi, che si limitano a capire solo gli oggetti che disturbano. Il principio, dal punto di vista della persona che lavora per il suo cambiamento, è comunque lo stesso: capire il significato degli episodi che hanno modificato la tua esperienza, ma che non hai avuto il tempo per assimilarli.
Se da piccolo avessi avuto un padre violento, avresti dovuto imparare come convivere col terrore che potesse ucciderti, perché nulla garantiva che non sarebbe successo. Queste strategie, apprese nell’infanzia, avrebbero inevitabilmente colorato il tuo rapporto con gli altri, deformando il modo di fare esperienza rispetto a quanto avviene per gli altri. Rivisitare il ricordo, accorgerti che il comportamento è stato acquisito per difesa e non per malattia, e che per qualche verso è stato efficace, permette di ridurre l’automatismo e di aumentare la padronanza di sé.
Per cambiare occorre sempre un confronto: che si tratti di un amico, di un libro, o di un’esperienza, non è possibile mettersi a tavolino e decidere di guardare con occhi nuovi il proprio passato. Occorrono altri occhi che stimolino a vedere in modo differente. Come “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire“, così chi desidera cambiare potrà cogliere ogni stimolo da chi lo circonda per prendere in considerazione nuovi punti di vista: l’importante è che la decisione sia autentica, e la miglior garanzia è che almeno l’inizio del cambiamento avvenga all’interno di un progetto condiviso.
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