Ma i figli, di chi sono?

«I vostri figli non sono figli vostri… sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita»

(Khalil Gibran)

La domanda sembra banale: i miei figli sono miei. Invece, il primo atto dopo la nascita è la registrazione all’anagrafe, perché lo Stato possa assumerne il controllo. Non solo per verificare le vaccinazioni e l’istruzione, ma anche per seguirne la crescita, almeno ai fini eutanasia2statistici. I genitori possono decidere sui figli solo entro alcuni margini, cui siamo tanto abituati da non accorgerci che ci sono. D’altro canto, nemmeno gli adulti possono decidere tutto riguardo a loro stessi, a partire dall’eutanasia che è proibita, e dal dovere di pagare le tasse.

Va notato come la padronanza da parte dello Stato nei confronti della persona sia in progressiva diminuzione: in passato la persona apparteneva al re, prima di tutto come militare in caso di guerra, e poi come forza lavoro. La donna apparteneva prima al padre e poi al marito, e di conseguenza al re. Va notato che la medesima condizione vale per le dittature: il dittatore è padrone del popolo, come si può constatare ancora in Corea del Nord.

Questa progressiva emancipazione della persona rispetto allo Stato ha comportato  deleghe sempre maggiori nei confronti dei figli: se per i nostri bisnonni era una responsabilità educare dei buoni cittadini, servitori del regno o del fascio, oggi la tendenza è considerare i figli come possesso indiscutibile dei genitori, nel bene e nel male, tanto per le decisioni quanto per il mantenimento.

La questione si evidenzia maggiormente nelle separazioni: qui il contendere sui figli CTUè tra le maggiori cause di conflittualità, con richieste di perizie e rinvii in attesa di documentazioni. In molti Tribunali è ormai data per scontata la presunzione di possesso da parte dei genitori nei confronti dei figli, moderata dal diritto dei figli di avere entrambi i genitori, anche se non sempre è così evidente che l’interesse primario non è quello di pagare meno per il mantenimento.

Per questo, ne stanno succedendo di tutti i colori, dalla turnazione dei figli presso ciascuno dei genitori a settimane alterne, alla turnazione dei genitori, mentre i figli restano in una abitazione fissa, con tutte le variazioni sul tema, dei week end alternati e delle notti infrasettimanali, le ferie natalizie e quelle estive. Se già la separazione dei genitori costituisce un problema per i figli, l’organizzazione successiva rischia di diventare logorante, o per i figli, che comunque mantengono la medesima scuola, anche se partono da case differenti, o per i genitori che devono ristrutturare gli impegni ogni settimana, per non parlare dei costi.

Il bene del figlio non è la presenza del genitore, perché, in natura, il figlio non è del genitore:tribu tutti gli animali stimolano i figli ad andarsene, a lasciarli per realizzarsi nel loro mondo. Nel branco, e l’essere umano è “animale di branco” (il nostro branco si chiama “tribù“) i figli restano con la madre fino all’autonomia, e poi partecipano alla vita collettiva. Il bene del figlio è quindi la preparazione alla vita autonoma, non la felicità dei genitori.

Sicuramente, la famiglia è stata “inventata” perché il padre acquisisse il possesso dei figli in cambio del mantenimento, e la storia del Diritto di Famiglia lo dimostra. Sarebbe da discutere quanto sia vantaggiosa per i figli questa distorsione delle leggi naturali, ma, visto che la famiglia esiste da circa seimila anni, e che questo è anche il periodo di maggior sviluppo della civiltà, possiamo accettare che esista un nesso. Tuttavia, con la crisi della famiglia, viene meno anche il possesso. Se i pater.jpgfigli diventano possesso del padre in quanto il padre rinuncia alla poligamia e accetta il Diritto di Famiglia, nel momento in cui il padre esce dalla famiglia perde il possesso dei figli, salve le eccezioni da esaminare di volta in volta.

D’altro canto, se l’interesse primario è quello dei figli, allora il Diritto di Famiglia è una garanzia importante che il possesso da parte del padre sia coerente con il bene del figlio: nel caso si disfi la famiglia, resta, di norma, che sia l’interesse della madre a prevalere, perché più coerente con la Natura. In questa prospettiva, i pellegrinaggi dei figli alle case dei genitori separati riprendono la dimensione della tortura: perché i figli dovrebbero dormire col padre separato, se quello che serve ai figli è la presenza educativa? Invece, proprio nella prospettiva formativa, sarebbe essenziale una collaborazione profonda tra i genitori ex coniugi, eventualmente garantita da consulenti, così che l’inserimento sociale dei figli avvenga mediante la loro counselorrealizzazione personale, e non in base a compromessi tra le velleità conflittuali di due litiganti.

Tutto questo, per ora, è fantasia: la Legge è ancora improntata alla suddivisione dei possessi dei figli in caso di separazione dei genitori. Tuttavia, se qualche genitore si accorgesse che il voler bene ai figli è in contrasto con il possesso, e mirasse a renderli adulti autonomi e responsabili, allora la gestione dei compromessi con l’ex coniuge può prendere una piega più efficace per l’educazione della propria discendenza.

Pubblicato da

Alessandro Zucchelli

vedi www.sanzuc.it