Chi non è intelligente vive meglio?

«Preferisco un inferno intelligente a un paradiso stupido»

(B. Pascal)

La quasi totalità delle sostanze, vietate e non, che danno assuefazione, riducono l’efficienza intellettiva. Con l’eccezione del tabacco, tutte le altre, dall’alcol all’eroina, passando per la cocaina e gli altri allucinogeni, hanno come effetto principale lo stordimento del pensiero, almeno psicofarmacoinizialmente portandolo all’euforia. In modo meno intenso, e soprattutto senza euforia, anche molti psicofarmaci influenzano l’intelligenza, riducendone le capacità.

Osservando il fenomeno in modo critico, viene il sospetto che molti disagi psicologici derivino dall’intelligenza, e che non solo il ricorso alle sostanze stupefacenti, ma anche quello agli psicofarmaci, porti sollievo prima di tutto in quanto deteriora il funzionamento dell’intelligenza. Per altro, capita spesso di ascoltare persone che si lamentino della propria intelligenza, e si ritrovino ad invidiare chi soffre di demenza.

depressionePer la verità, non è che chi non dispone di grandi capacità mentali, non abbia le sue sofferenze: sicuramente, chi è intelligente tende a soffrire di più, in particolare per l’ansia e per la depressione, ma anche per molte forme di nevrosi.

Come già accennato in un articolo precedente, i Greci erano già al corrente di questo fenomeno, ed anche il Peccato Originale della Bibbia può essere un indice del legame tra pensiero e malessere: la difficoltà a prendere in considerazione il rapporto tra intelligenza e disagio psicologico, a mio parere, risiede soprattutto nell’imprecisione che si nasconde nel concetto di intelligenza. Per molto tempo, infatti, questo termine ha avuto un significato molto generico, alludendo alla capacità di risolvere problemi più complessi rispetto a quelli affrontati dalla media, ma senza precisare né il modo con cui venivano risolti, né il tipo di problemi affrontati più facilmente, se pratici o teorici, matematici o tecnici, o artistici, eccetera.

Con la scuola obbligatoria (Legge Casati, 1859) si rese necessario distinguere chi aveva basso rendimento per scarsa volontà da chi non riusciva perché poco dotato intellettualmente, e nacque il concetto di Quoziente Intellettivo.QI Successivamente, negli Stati Uniti, l’intervento militare nelle due Guerre Mondiali costrinse alla rapida formazione di un esercito di volontari: in entrambe le occasioni, la decisione del livello di responsabilità cui destinare i candidati fu delegata a test di intelligenza e, dato che ne derivò la vittoria per entrambe, fu automatico attribuire il merito alla efficace selezione dei quadri dirigenti mediante test di rendimento intellettivo. Tutto questo costrinse a definire sempre meglio il concetto di intelligenza: tra le definizioni via via messe a punto, io preferisco quella formulata dal dr. Wechsler, coautore della scala di misurazione più famosa ormai arrivata al quarto aggiornamento. Wechsler definiva l’intelligenza come una abilità composta da quattro capacità, rispettivamente:

  1. Capacità di cogliere il problema, di accorgersi che esiste un problema. La persona intelligente è quella che vede i problemi, anche se personalità diverse si accorgono di problemi diversi.
  2. Capacità di immaginare diverse soluzioni. La persona intelligente non si accontenta della prima soluzione che trova, ma ricerca ulteriormente per verificare se non ci possa essere qualcosa di meglio.
  3. Capacità di scegliere la soluzione più efficace tra quelle trovate. La persona intelligente valuta le prospettive di efficacia delle soluzioni rinvenute, le confronta, e decide a livello progettuale.
  4. Il tutto, nel tempo minore. La componente di velocità, essenziale per le misurazioni psicometriche, ha un peso relativamente inferiore nella pratica, perché a volte una soluzione più efficace richiede una ricerca più approfondita.

Anche se una misura attendibile (ma ti serve?) richiede l’applicazione del test standardizzato, grazie a queste quattro capacità diventi in grado di valutare le intelligenze delle persone che conosci, in modo molto più preciso rispetto a come facevi orientamentoprima e, con un po’ di allenamento, ti ritroverai uno strumento utile nella scelta di collaboratori e delle attività da attribuire loro per avere il massimo rendimento.

La validità di questa definizione, tuttavia, riguarda soprattutto quel collegamento tra disagio e intelligenza. Infatti, quando l’intelligenza si sviluppa particolarmente, raggiungendo valori superiori alla media, allora tende a bloccare il processo di soluzione ai primi due punti, la sensibilità ai problemi e la ricerca infinita di una soluzione perfetta. Il disagio della persona intelligente sta proprio in questi aspetti. Senza pretendere di risolvere tutti i problemi di ordine psicologico, diventa comunque comprensibile come l’ansia incida soprattutto sulla prima capacità, la capacità di continuare a vedere problemi, mentre molte forme bloccodepressive tendano ad appoggiarsi alla ricerca di infinite soluzioni, scartandole tutte senza arrivare all’operatività. In generale, la tendenza a vedere più problemi di quelli che ci sono, e ad indugiare nella ricerca di soluzioni sempre migliori, caratterizza la maggior parte dei disagi, perché l’intelligenza finisce per impedire la soluzione concreta, ed il problema che fa stare male resta.

La soluzione al problema del disagio derivato dall’intelligenza sta nel capire che l’intelligenza non coincide né con lo spirito né con la persona: l’intelligenza è ciò che appare del funzionamento di quella macchina meravigliosa che è il cervello. Proprio come quello che stai leggendo ora, che esprime il risultato del funzionamento dell’elaboratore elettronico che stai usando, che sia in un telefonino, un tablet o un personal computer. Quindi, si tratta di imparare a guidare la propria intelligenza così come si impara ad usare uno smartphone o un desktop.

Il metodo più diffuso per insegnare ad utilizzare l’intelligenza, anche se non sempre efficace, soprattutto perché nessuno spiega che serve per questo, è la scuola. Il fatto di studiocostringersi a stare attenti a quello che dice l’insegnante, a fare i compiti e a studiare, sono tutti sistemi di controllo del pensiero. Per studiare, non puoi distrarti, devi costringere il tuo pensiero a fare quello che dici tu, e non quello che ha voglia lui. Questo sistema non è l’unico, e non funziona sempre, come si può vedere nella pratica, anche se per molti ha giovato: generalmente sono sufficienti pochi anni di applicazione seria e costante. Non è il titolo di studio, che garantisce il dominio sull’intelligenza, ma quanta disciplina si ha imposto al pensiero.

Come dicevo, non sempre lo studio è sufficiente, proprio perché non viene spiegato che serve prima di tutto a questo. Quindi è possibile essere psicoterapialaureati e mantenere il disagio della mancanza di controllo sull’intelligenza. La psicoterapia, nelle sue varie scuole, mantiene comunque la valenza di disciplina del pensiero, e lascio ai colleghi scoprire come la loro tecnica sia, di fatto, un modo per insegnare al cliente come guidare il proprio pensiero.

Infine, la strada maestra per imparare a dominare il pensiero rimane la sofferenza. Ci sono sofferenze che vengono imposte dalla vita, e non si possono scegliere: a volte sono terribili e, invece di insegnare a guidare il pensiero, finiscono per essere devastanti. Altre, invece, diventano prove che, una volta superate grazie ad un pensiero che si è dimostrato efficace, orientano verso la via della saggezza. Ma esistono anche le sofferenze “artificiali“, quelle che si possono addirittura acquistare: sto alludendo alle sportfatiche dello sport, e a quelle per conseguire obiettivi importanti, possibilmente in grado di giovare agli altri. Lo sport con i suoi risultati, e il volontariato, sono due sistemi per fare fatica e costringere il pensiero a raggiungere gli obiettivi che ci si è prefissati: la disciplina si può ottenere anche così

Questi sistemi non sono garantiti, soprattutto perché raramente vengono utilizzati per aumentare la padronanza dell’intelligenza: tuttavia, se hai capito che ti interessa diventare capace di guidare il pensiero, allora puoi utilizzare quello che ti è più congeniale, ed i risultati non ti mancheranno.

Pubblicato da

Alessandro Zucchelli

vedi www.sanzuc.it

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