Psicologia dei videogiochi

«Ciò che dobbiamo imparare a fare, lo impariamo facendolo»

(Aristotele)

Chi mi seguiva nelle conferenze o per radio, sa che non sono mai stato contrario ai videogiochi: li ho sempre difesi dai tentativi di farne un tabù. Oggi, lentamente, anche medicopediatri e psichiatri, si accorgono che non hanno fatto quel male che tanto paventavano, anzi, qualcuno si accorge che fanno bene: qui un elenco di siti in proposito.

Ormai, grazie alla diffusione di internet, ci sono due tipi di videogiochi, quelli individuali e quelli di gruppo, che stanno aumentando nel numero di seguaci. I motivi del successo possono essere spiegati in due concetti: la progressività e la certezza della valutazione. La progressività vuol dire che tutti i videogiochi partono da livelli semplici, accessibili ai principianti, permettendo quindi di vincere fin dalla prima volta che si gioca. La vittoria non dipende dal caso, ma dall’abilità: questa è la differenza sostanziale rispetto alle slot machines, e questo comporta la possibilità di aumentare le abilità nell’esercizio e nell’apprendimento. Nei videogiochi si parte dai livelli più facili, si vince, e si tentano via via quelli più difficili. In questo modo si ottengono due effetti: quello dell’apprendimento e quello della motivazione. L’apprendimento avviene perché le difficoltà sono graduali, ed i tentativi necessari per impararle comportano solo il ritardo nel passare al livello successivo, mentre la motivazione al raggiungimento delle capacità necessarie si fonda sullaflySimulator soddisfazione derivata dalla vittoria. Nei videogiochi non ci sono danni o perdite: chi sbaglia impara, e basta.

La certezza della valutazione è la seconda componente del successo: il videogioco è assolutamente imparziale, e valuta con precisione ogni abilità messa in campo, senza ingiustizie o favoritismi. L’impegno e gli sforzi vengono apprezzati con precisione, ed il giocatore viene informato di tutto quello che gli serve per decidere in quali capacità migliorare per aumentare i punteggi.

Praticamente, i videogiochi sono potenti macchine per insegnare, anche se, purtroppo, non rientrano in piani educativi, e non sono organizzati per la didattica. Tuttavia, insegnano almeno tre diverse capacità. Prima di tutto il ragionamento logico. La visione della realtà proposta dai videogiochi è fondata sulla logica, a volte anche in modo semplificato, praticamente come avviene con gli scacchi. Per vincere occorre essere in videogamegrado di ragionare velocemente seguendo schemi logici. La seconda capacità che viene sviluppata riguarda i riflessi ed il coordinamento corporeo. Generalmente vengono coinvolti la vista e le mani, ma in alcuni anche i piedi (simulatori di guida, Wii), e richiedono efficacia nei risultati: a differenza di quanto avviene in pista, chi sbaglia perde, ma non si fa male. La terza capacità, sviluppata soprattutto negli ultimi anni, riguarda il lavoro di gruppo. I nuovi videogiochi comportano confronti a squadre, spesso tra persone che non si sono mai conosciute prima: vince chi sa collaborare meglio, e non dipende solo dadota2 lui, ma anche dai compagni che gli vengono accoppiati. Alcuni di questi giochi ammettono di pescare tra compagni e nemici di tutto il mondo, quindi con problemi anche di linguaggio: sono appassionanti e formano le basi per la pace. Anche se l’obiettivo del gioco è vincere un confronto che può anche essere armato, l’insegnamento principale diventa la pace perché la condizione è la collaborazione e vince la squadra i cui componenti sanno valorizzarsi meglio a vicenda.

In linea di massima, quindi, il videogioco è formativo ed utile: sarebbe molto meglio se CaesarVideogiocoanche gli insegnanti ne imparassero la tecnica, perché consentirebbe di aumentare le conoscenze in tempi minori e con maggior rendimento. Purtroppo, ancora molti sono convinti che solo soffrendo si possa imparare e guadagnare, dimenticando che i maggiori guadagni individuali sono per chi sa divertirsi, cantando, giocando a calcio, guidando automobili o facendo l’attore. La variabile non è la fatica, ma quanto si diventa utili agli altri, ed i videogiochi insegnano capacità socialmente valide.

Il problema, infatti, è proprio l’alternativa con la scuola: fino a che resta questo sistema di formazione, appunto la scuola, è necessario che, accanto alla maturazione acquisita mediante il videogioco, ci siano anche i risultati scolastici che, al confronto, sono spesso privi di interesse. La formazione fornita dal videogioco, oggi, perde valore se non è accompagnata da un titolo di studio che permetta di metterla a frutto, per cui ètesti necessario che il videogioco non assorba tutto il tempo libero, togliendolo allo studio.

Alcuni pedagogisti suggeriscono di limitare il videogioco ad un’ora al giorno: di fatto, non c’è motivo. Perché non 45 minuti o un’ora e mezza? Molto meglio, a mio parere, collocarlo dopo lo studio, in modo che la capacità di studiare efficacemente venga premiata con il passaggio al videogioco. Nel caso il rendimento scolastico si riduca, occorrerà allungare i tempi di studio, ma raccomanderei di non abolire il videogioco, proprio per la sua validità formativa. Piuttosto, prenderei in considerazioni giochi di breve durata, in modo da organizzare lo studio in tempi di 45 minuti intensi e senza distrazione, con 15 minuti di intervallo per un gioco o per altro, così da aumentare il rendimento nello pomodoro.jpgstudio motivandolo col periodo della ricreazione, nel senso proprio di ricreare la capacità di studio. Per questo, è utilissimo un timer, e seguirlo meticolosamente, per avere risultati positivi.

Quanti hanno imparato l’inglese grazie alle canzoni che erano di moda durante la loro giovinezza? Nei paesi del Nord, Svezia, Norvegia, Danimarca, si impara l’inglese al cinema, perché costerebbe troppo doppiarli. Allo stesso modo si può imparare logica, riflessi e relazioni sociali grazie ai videogiochi. L’importante è imparare a sfruttarli a fondo, e trarne tutti di vantaggi di cui sono tanto ricchi.

Pubblicato da

Alessandro Zucchelli

vedi www.sanzuc.it