«Risparmiare sull’educazione significa investire sull’insuccesso»
(Anonimo)
Quando si parla di problemi dei giovani, tutti si sentono educatori esperti, tutti hanno in tasca le ricette giuste e, forse proprio per questo, poi non cambia niente. Di fatto, l’educazione non è un compito semplice, soprattutto perché, se venisse naturale, non ci sarebbero differenze tra le persone, e tutti sarebbero perfettamente educati. Invece, solo chi ha avuto una buona educazione si trova meglio nella vita. ALT! fermi tutti! Il fatto che, secondo la tua esperienza le cose non stiano esattamente così, e che tu conosca tanto persone che non hanno ricevuto una buona educazione eppure siano molto valide, quanto persone molto ben educate e che tu non stimi, non significa che l’educazione non sia importante per la formazione delle persone equilibrate e serene. Significa, invece, che è poco chiaro il significato della parola «educazione»: a noi interessa il sistema per ottenere adulti maturi e sereni, e non mettere in pratica protocolli mai verificati. Per questo ho deciso di scrivere ricorrendo ad un esempio. E, dato che la maggior parte delle persone sa guidare,
facciamo finta che il giovane, il soggetto dell’educazione, sia un’automobile da guidare verso la sua maturità e la sua serenità.
I “comandi” per la nostra automobile sono fondamentalmente tre: l’acceleratore, il freno ed il volante. Chiaramente, si tratta di una semplificazione, ma sono questi i punti essenziali. Vediamoli uno per uno.
È la garanzia della libertà: solo se l’automobile sa frenare, potrà arrivare dove vuole. Analogamente, è importante, per la guida di se stessi, sapersi dominare ed impedirsi condizioni eccessivamente rischiose. Un buon guidatore usa pochissimo il freno, che gli serve soprattutto negli imprevisti, ma per poterlo fare deve avere buona dimestichezza con questo sistema. Per questo, nell’educazione è importante fornire presto la capacità di autocontrollo e di autolimitazione. Il sistema più semplice per insegnarlo è il castigo, da sempre strumento principale dell’educazione ufficiale. Che si trattasse della verga degli antichi greci, o del battipanni della nonna, il castigo è sempre stato il sistema privilegiato della correzione. Ancora oggi c’è chi lo invoca, come se fosse efficace, mentre di fatto è soprattutto selettivo: in una gara tra automobili frenate vince quella nata col motore più forte, ma tutte le altre diventano perdenti; anche se chi ha vinto pensa che il merito sia dell’autoritarismo educativo. Il castigo, invece, deve servire per insegnare l’autocontrollo: va usato il meno possibile, eventualmente minacciato, ma sempre tenendo ben presente la sua finalità di contribuire all’autonomia del giovane.
Per questo, in generale, basta un castigo ben meditato ed adeguato per ogni errore da correggere: se il castigo è stato “centrato“, in seguito basterà ricordarlo prima che l’errore venga ripetuto e, nel giro di qualche volta, il nuovo comportamento sarà appreso. Il castigo adeguato deve essere prima di tutto realistico, che si possa mantenere, e, in secondo luogo, efficace, che non umilii ma che stimoli ad evitarlo la prossima volta. (Qui, un approfondimento)
Serve all’automobile per decidere la direzione: se non si sa dove si vuole arrivare, si consuma benzina inutilmente. E così avviene anche in campo educativo. Se non si sa a cosa si vuole educare, si fa solo fatica per niente. Gli obiettivi dell’educazione sono ciò che dà significato agli interventi, e ciò che imposta le scelte educative: da quale parte frenare di più, da quale, invece, stimolare ad accelerare. Gli obiettivi non coincidono con il lavoro: non si tratta di decidere, quando un bambino ha due anni, cosa farà da grande. Ma è importante sapere se lo si vuole ricco o dedito alla solidarietà, pratico o teorico, furbo o onesto, eccetera. È importante saperlo perché, di fatto, queste scelte sono già presenti, inconsapevolmente, nei genitori, e non sempre i genitori sanno di quanto siano in disaccordo. Dichiararlo, confrontarsi, e prendere coscienza di quali valori debbano essere obiettivi educativi vuol dire porre le condizioni di un’efficacia educativa. Diversamente, prevalgono gli obiettivi inconsapevoli e, se quelli dei genitori si elidono entrando in contrasto, allora finiscono per prevalere quelli degli ambienti frequentati dai figli, e saranno loro a decidere quali doti potenziare e quali umiliare.
Più presto i genitori concordano, possibilmente per iscritto, i valori cui improntare l’educazione dei figli, e meglio è, sapendo che, con l’esperienza possono anche essere cambiati, ma sempre d’accordo e consapevolmente. (Qui un approfondimento)
È il comando più importante e, in educazione, il meno conosciuto. Se non si usa l’acceleratore, non si va da nessuna parte. In educazione l’acceleratore è stato spesso confuso con il premio: per questo occorre approfondire con qualche nozione di neurofisiologia. Il sistema nervoso, per quanto è comune anche agli animali, è orientato all’apprendimento: registra ogni comportamento, e lo collega al risultato, di guadagno soggettivo o di perdita soggettiva. Praticamente, impara a ripetere i comportamenti vantaggiosi e ad evitare quelli dannosi.
Quindi, l’acceleratore dell’educazione consiste nel rendere vantaggioso il comportamento che si desidera insegnare. I voti scolastici, quando sono positivi, assolvono in parte a questo compito; “in parte” perché troppo spesso si dimentica che costituiscono l’acceleratore educativo, e quindi che valgono solo se costituiscono un reale vantaggio per lo studente.
Mentre siamo abituati a pensare al premio come a carico dell’educatore, che spenda o comunque faccia qualche sforzo, il vantaggio è il tornaconto dell’educato, e non necessariamente è costoso. Spesso i giovani preferiscono gli applausi dei compagni agli scarsi apprezzamenti degli adulti, motivo per cui sono i coetanei a gestire l’acceleratore educativo, a fornire le motivazioni all’apprendimento dei comportamenti che vengono approvati dal gruppo e non da chi vorrebbe educare.
Questo è il motivo per cui ci sono i contrasti tra i sistemi educativi ed i risultati: perché non si sta attenti ai vantaggi di chi viene educato, e spesso ambienti alternativi all’educazione, come le compagnie o gli amici, forniscono vantaggi maggiori per comportamenti meno approvabili. Lo studio dei vantaggi da fornire momento per momento al singolo giovane è compito dei genitori in particolare, e degli educatori in generale: si tratta di imparare a porsi dal suo punto di vista, e di capire quali bisogni abbia, fornendogli vantaggi proporzionali all’avvicinarsi, da parte del giovane, alla strada che porta all’acquisizione dei valori ritenuti importanti per lui.
In linea di massima, i vantaggi dovranno essere ben calibrati, soprattutto per evitare che la condizione emotiva degli educatori ne influenzi la modalità: anche qui, è importante il confronto e anche l’uso di carta e penna, in modo da prendere decisioni coerenti con il passato e il più possibile efficaci per il giovane che si intende educare. Infine, è utile notare come condonare un castigo possa diventare, agli occhi della persona da educare, una forma di vantaggio, e possa quindi essere utilizzato per supportare un comportamento desiderato. (Qui un approfondimento)
Per motivi di spazio, sono stato un po’ condensato… in compenso, esiste un libro che, pur facendo riferimento alla condizione dell’azienda e del manager, propone questi temi in modo più diffuso e con più esempi, anche se non impostati all’educazione dei giovani.
Naturalmente, ci sarebbe ancora moltissimo di cui parlare, ma ritengo che questi siano i punti centrali per decidere in campo educativo con sufficiente efficacia, senza dover ricorre ad ulteriori esperti che, invece, diventano necessari nel caso si verificassero problemi.
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