La violenza ed i minori

«Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare»

(Mt, XVIII, 6)

L’attenzione per i minori è molto recente. Anche se il problema dell’educazione si sviluppa nell’antica Grecia, ed è in Palestina che viene proclamato, più di duemila anni fa, il primo invito a rispettarli, di violenzaMinori.jpgfatto, è solo da pochi decenni che il minore riceve le attenzioni di cui ha bisogno, almeno in teoria. Sì, perché nonostante sia vietato picchiare i minori, questo esiste tutt’ora, soprattutto in famiglia.

In passato non solo era lecito percuotere i bambini, si utilizzavano anche per lavorare: K. Marx ha utilizzato la parola “proletariato” per indicare che i figli sono l’unica fonte di reddito per quella classe sociale. La mortalità infantile è stata altissima fino a metà del secolo scorso, ed era importante evitare di affezionarsi ai piccoli per non soffrire eccessivamente quando mancavano.

La reale attenzione verso i piccoli comincia dopo la seconda guerra mondiale: la stuporediffusione della penicillina ed i progressi della medicina salvano moltissime madri ed i loro figli, mentre il miglioramento delle condizioni economiche permette di dedicare loro più tempo, apprezzandone gli aspetti positivi che per millenni sono stati trascurati.

La condizione italiana di violenza sui minori, rilevata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è migliore rispetto a quella mondiale, tuttavia rimane significativa: si Italiaverificano 70, 80mila casi di violenza ogni anno. Le categorie della violenza più diffuse sono la trascuratezza (27%), la violenza fisica (26%) e quella psicologica (25%). A seguire, la violenza sessuale (9%) e quella assistita (4%). A queste va aggiunto un fenomeno di cui si prende coscienza solo ora, il bullismo, che riguarda circa il 50% dei giovani tra gli 11 ed i 17 anni. Tutto questo stando alla statistica che, su questi temi, è sicuramente carente, soprattutto per il notevole silenzio: infatti, non tutti i bambini che subiscono violenza la denunciano.

Nella maggior parte dei casi, la violenza sui minori, quale che sia, ottiene come conseguenza la riduzione dell’autostima e la rassegnazione, perché sono questi i comportamenti che permettono al piccolo di cavarsela. Accettando la supremazia di chi impone la violenza, sia esso il genitore, o lo stupratore, o il bullo, e rassegnandosi a subire, il piccolo verifica che subisce meno dolore rispetto a quando tenta di farsi valere e di protestare. Per questo la violenza era considerata “educativa” anche in passato: nongenitoreAutoritario dimentichiamo che, ad oggi, in Italia non è ancora vietata la tortura nei confronti degli adulti. L’effetto di indurre alla rassegnazione è quindi un obiettivo frequente, che tende a riprodursi. Il bambino che ha imparato, mediante la violenza, ad ubbidire e a subire l’ambiente, una volta adulto e genitore tenderà a considerare educativa la violenza che gli ha insegnato il rispetto delle regole in quel modo. Il motivo per cui è difficile estirpare la violenza sui minori sta soprattutto qui: nel fatto che chi ha subito prepotenze da piccolo finisce per considerarle come il sistema per impartire l’educazione una volta diventato adulto. E questo tanto per la violenza fisica che per quella sessuale o psicologica, e per il bullismo; anche la trascuratezza tende a ripetersi, perché chi è riuscito a crescere in cattive condizioni rimane convinto che non sia necessario far più fatica per i propri figli.

La scarsa autostima e la rassegnazione non sono le sole conseguenze della violenza sui giovanissimi: se il piccolo arriva a temere più volte per la propria vita, allora è forte il rischio che si sviluppi un delirio, fondato sulla constatazione per cui nonostante la sproporzione di forze, non viene ucciso. Il delirio di onnipotenza si fonda sull’esperienza di temere per la propria vita e non avere altra spiegazione per capire il motivo dell’essere risparmiato.

La violenza sessuale violenzaSessualecomporta soprattutto una forte riduzione dell’autostima: dato che gli automatismi fisiologici comportano comunque forme larvate di piacere inconscio, resta il vissuto di colpevolezza e di depravazione, come se quanto è accaduto potesse essere addebitato ad un istinto perverso impossibile da controllare, e quindi radicando una profonda frattura interiore, tra una parte profonda considerata sbagliata in seguito al trauma, ed uno sforzo costante per tenerla repressa.

La violenza assistita costituisce un caso a parte: si tratta della violenza tra i genitori, cui assistono i figli. Oltre a tutto, genitori violenti tra di loro, raramente non lo sono anche nei confronti dei figli. I figli, soprattutto se molto piccoli, sanno di dipendere da questi adulti che sono in conflitto, e devono trovare il modo per sopravvivere: di solito, violenzaAssistitafiniscono così per preferire il più violento, sentendosi incapaci di difendere chi, invece, è più mite e quindi più vicino, sviluppando un’idea di sé molto negativa di inaffidabilità. Spesso, subentra anche la perdita di fiducia nei confronti dei genitori, derivandone il dover affrontare la vita senza poter contare su maestri in cui credere.

Infine, il bullismo. Anche se lo si dimentica, ha origini lontanissime, addirittura nell’iniziazione che si usava in tribù, ed è stato ripreso tanto nell’esercito quanto nei collegi e nell’università, ancora oggi presente col nome di “nonnismo“. Si tratta di volenze di gruppo ai danni dei più giovani che diventano prove per l’accesso al gruppo di chi ha esperienza. Il fenomeno si è radicato perché non è solo negativo: l’acquisizione della patente di iniziato conferma la validità del giovane che viene ammesso, insegnandogli che ha doti migliori di quelle che si aspettava, e, per quelli con cui ha funzionato, è stato anche utile, determinando così la forza con cui tende a ripetersi. Tuttavia, il nonnismo ed il bullismo hanno valore solo se non sono per tutti, solo se selezionano e scartano, ed il numero di quanti non superano le balenaAzzurraprove alza il livello per chi riesce. Col risultato che chi non viene ammesso ne deriva un’esperienza negativa, che va a minare la sua fiducia in se stesso. Philipp Budeikin, che probabilmente ha subìto fenomeni di bullismo durante l’adolescenza, ha inventato un famigerato gioco per eliminare i perdenti, quello della “Balena Blu“, che ha convinto più di 150 adolescenti ad uccidersi: è stato arrestato in questi giorni per istigazione al suicidio. Qui le regole del gioco.

La reazione sociale alla violenza sui minori, purtroppo, è ancora violenta: le punizioni previste, pecuniarie e carcerarie, implicitamente confermano la validità del gesto punito, gesto che, in molti casi, aveva presunte intenzioni educative. Solo rare iniziative di TARvolontariato (v. Telefono Azzurro Rosa) coinvolgono l’autore della violenza per ascoltarlo e per proporgli percorsi di cambiamento, convinti che si abbia a che fare con persone che, se hanno comportamenti inaccettabili, tuttavia abbiano anche alle spalle una storia che li porti a questo. Inoltre, quando possibile, si tratta di prendere in carico anche chi ha subìto la violenza, proprio per il perverso circolo vizioso che porta a riprodurla: aiutare chi ha subìto, a recuperare l’autostima e la capacità di partecipazione sociale è l’obiettivo del recupero. Di solito, non è difficile da perseguire, alla sola condizione del desiderio dell’interessato di farsi aiutare.

Pubblicato da

Alessandro Zucchelli

vedi www.sanzuc.it