«L’Amore Universale è pura utopia»
(Anonimo)
Poco prima di Natale 2017 ero in farmacia, per la mia consueta scorta di medicinali da cardiopatico quasi trentennale: siamo d’inverno, e c’era una discreta coda. Al banco, la professionista si intratteneva con il cliente, non solo per spiegargli l’impiego del farmaco, ma anche per informarsi sulla sua salute, e di quella dei familiari, nonché per scambiare gli auguri delle buone feste. Il rito si ripeteva cliente dopo cliente: per ciascuno tanta gentilezza, e tanti minuti in più che si aggiungevano all’attesa di chi era in coda. Cinque minuti in più di gentilezze per ciascuno, su dieci clienti fanno quasi un’ora di ritardo per chi è entrato per ultimo.
D’altro canto, dal punto di vista della farmacista, si trattava di essere gentili e anche di calmare i clienti che, in seguito al ritardo, si erano imbronciati. Ma dal punto di vista di chi era in coda, tutto questo aumentava il disappunto ed i brontolii.
L’esempio della coda in farmacia è chiarificatore del motivo per cui l’Amore Universale è un’utopia: quasi sempre, per fare del bene a qualcuno, si fa del male a qualcun altro, come la mia farmacista che, per dare attenzione al cliente che ha di fronte, provocava ritardo a chi è in attesa. Ma non si è abituati a prendere in considerazione il disagio che si produce involontariamente.
Salendo, nei livelli di relazione, il fenomeno si amplifica, e diventa sempre più evidente come amare qualcuno comporti odiare altri, o almeno far loro del male. I compagni si trovano alleati contro gruppi simili, come avviene tra i tifosi di calcio e, come si sta osservando, se qualcuno in nome di un amore universale, chiede di fare spazio a stranieri migranti, suscita reazioni ostili da parte di chi si è sudato il benessere che ha conquistato. I genitori, amando i figli, odiano chi fa loro del male; e chi sceglie di mettersi in coppia con una persona, di solito scontenta tutte le altre persone che avrebbero ambito al medesimo ruolo: il coniuge che volesse amare, non dico tutte le persone dell’altro sesso, ma anche solo un paio, porterebbe dolore al proprio partner, mentre, se non lo fa, il dolore lo reca agli amanti che rifiuta.
Pensare che l’amore possa essere universale è un privilegio riservato a chi non sa amare concretamente. In pratica, l’amore è sempre polarizzato, è sempre una freccia, è sempre un’attività: da una parte è positivo, indica, protegge, ma dall’altra è negativo, rifiuta, odia. Non si è abituati a cogliere il male che si fa quando si ama, perché si è occupati a cercare il bene della persona di cui si vuole il bene, ma non è possibile amare senza fare del male ad altri. A volte, il male che si fa è diretto e ben evidente, come quando si difende la persona amata da assalti, per esempio nel caso in cui un figlio venisse aggredito da un coetaneo; in altre occasioni, le più frequenti, il male è frammentato su tantissime persone, e ci si ritiene in diritto di non occuparcene, per esempio quando si sprecano risorse, rendendole così meno disponibili a chi ha minori possibilità. Ma sono proprio queste difficoltà e questi malesseri che si creano alle popolazioni meno abbienti le motivazioni che giustificano le migrazioni e le guerre.
Un buon criterio per ignorare il male che si fa agli altri è quello di agire secondo coscienza: «poichè non è mia intenzione fare del male agli altri, allora chi si lamenta ha torto». In questo modo si riesce a restare sereni e tranquilli, senza lasciarsi turbare dalle conseguenze indesiderate, ma comunque dannose, delle proprie azioni. Un altro sistema, altrettanto inefficace, è quello di caricarsi di sensi di colpa: per le occasioni in cui ci si accorge del male arrecato, invece di cercare di alleviarlo, ci si impegna a soffrire, o ci si carica di penitenze, imparando così a mettersi in pace la coscienza nonostante le sofferenze prodotte.
Non si può evitare di fare del male agli altri e, più si ama, più si produce dolore nelle persone che non si amano. Tipicamente, in questo periodo storico, per noi occidentali è evidente il dolore prodotto da alcuni gruppi islamici che, a loro volta, lo fanno proprio perché amano i loro compagni di fede. Tuttavia, è possibile ridurre questo dolore, senza dover ridurre l’amore: ci sono almeno quattro sistemi, utilizzabili contemporaneamente.
Il primo sistema per amare riducendo le conseguenze dolorose negli altri consiste nell’esserne consapevoli. Sapere che quando si fa del bene a qualcuno, si fa anche del male a qualcun altro, e cercare questo qualcun altro che ne patirà, permette, a volte, di evitare di danneggiarlo più del necessario. Quando cerchi un parcheggio d’emergenza, per far fare meno strada a chi hai accompagnato, ricorda i danni che rechi agli altri: a volte puoi ridurli notevolmente.
Il secondo sistema consiste nel far riferimento alla giustizia: anche se non sempre esiste un articolo del Codice che preveda il tuo caso personale, ricorda che la legge nasce proprio per ridurre le conflittualità. La legge si fonda sull’uguaglianza dei diritti e dei doveri. È vero che il rispetto dei diritti altrui non garantisce che gli altri facciano altrettanto, tuttavia i prepotenti sono pochi, e nella maggior parte dei casi, il rispetto degli altri aiuta a diffondere un po’ di pace.
Il terzo è un’estensione pratica dei precedenti, e può essere riassunto nel detto saggio: “patti chiari, amicizia lunga“. Patti chiari con tutti, amici e non amici. Si tratta di costruirsi una mentalità fondata su questo principio, cui sottostare senza eccezioni. Non garantisce la pace, ma migliora molto le relazioni.
Infine, un criterio di pace fondamentale è la tolleranza: il rispetto delle opinioni altrui, consapevole che anche le mie sono opinioni. La verità non è accessibile al pensiero, altrimenti tutte le persone intelligenti direbbero le medesime cose, ed ogni persona ha diritto alle proprie opinioni purché non limitino quelle altrui.
Questi quattro sistemi non possono risolvere il problema della pace: la vera pace passerebbe dall’indifferenza e dall’immobilità, mentre tutto ciò che è vivo inevitabilmente urta contro altre vite. D’altro canto, non è nemmeno obbligatorio cercare la pace: ci sono persone che, al contrario, mettono in gioco le loro forze per vincere ogni contesa. L’importante, in tutto questo, è esserne consapevoli, e sapere che non esiste una strada che sia solo vincente.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.