«Lo sapevo che eri un gran bugiardo, ma non immaginavo arrivassi al punto di fingere di essere sincero per tentare di ingannarmi»
(ascoltata in un bar)
Narrano che ai margini di un boschetto vivesse una deliziosa famigliola di tartarughe, Mamma Tarta, Babbo Tarto, e Tina, la figliolina. Quando Tina compì i primi 100 anni, Babbo e Mamma decisero di regalarle una gita in campagna e gustarsi un bel pic-nic all’aperto. Si prepararono con 10 anni di anticipo, ed il giorno del compleanno partirono, tutti allegri e felici, col loro zaino, avventurandosi per il bosco. Cammina, cammina, dopo cinque anni arrivarono alla mèta, e cominciarono a svuotare gli zaini. La Mamma aveva preparato tante leccornie, il Babbo aveva portato tutti gli attrezzi necessari per apparecchiare e cucinare, e Tina, nel suo zainetto, aveva le spezie. O meglio, avrebbe dovuto averle, perché si era dimenticata il sale e, senza sale, si sa, tutte le delizie preparate dalla mamma avrebbero perso la loro bontà. Babbo e Mamma pregarono
Tina di tornare a casa a prendere il sale, che era indispensabile per gustare un pic-nic così importante, quello della sua festa. Ma Tina si rifiutò, sostenendo che sapeva che, mentre lei faceva il viaggio, Babbo e Mamma avrebbero cominciato a mangiare senza di lei. I genitori si fecero in quattro per convincerla, promisero giurando sui bisnonni e sul loro carapace, ma non ci fu niente da fare. Tina rispondeva che era sicura che avrebbero cominciato a mangiare senza di lei, mentre lei arrancava fino a casa. Finalmente, dopo qualche anno di discussioni, Tina si rassegnò a partire, visto che anche a lei non piaceva mangiare senza sale. Tina partì, e i genitori si sedettero. Passarono cinque anni, e il Babbo disse alla Mamma: «Tina, adesso, sarà arrivata a casa…» Dopo due anni, la Mamma disse al Babbo: «Tina avrà trovato il sale e si appresterà a ripartire». Quattro anni dopo, il Babbo disse alla Mamma «Tra qualche mese, Tin
a arriverà e finalmente potremo festeggiare il pic-nic!». Passano i mesi, e anche gli anni, ma Tina non arriva. «Tina ormai dovrebbe essere qui» disse il Babbo. «Forse, avrà fatto fatica a trovare il sale», rispose la Mamma, dopo qualche anno. Aspettarono ancora un paio di lustri, poi il Babbo disse «Tina è grande, e sarà capace di cavarsela da sola… io ho tanta fame… che ne dici se cominciamo a mangiare?», e la mamma, che non ne poteva più dal digiuno, accettò. Come addentarono il primo boccone, Tina sbucò dal cespuglio lì dietro e rimproverò i genitori: «Ecco! lo sapevo, io, che avreste cominciato a mangiare senza di me! Ma ve lo sognate, che io vada a prendere il sale! Bugiar
di che non siete altro!!».
La medesima conclusione, dal punto di vista relazionale, anche se esposta in modo più scientifico e dettagliato, si ritrova nel volume “La Pragmatica della Comunicazione Umana” scritto da Watzlawick assieme a Beavin e Jackson, a proposito della “profezia che si autodetermina” (cap. 3, § 44).
Le persone che “tartarugano” di professione, di solito non intendono cambiare perché, grazie alla profezia che si autodetermina, leniscono un po’ del malessere interiore, dimostrandosi che è determinato dall’esterno: le strategie per produrre comportamenti in grado di confermare i pregiudizi sono spesso molto complicate ma, poiché dimostrano che “se sto male, è colpa sua“, finiscono per lasciare la speranza di poter star meglio. Se ho la tosse, e mi convinco che è colpa dell’inquinamento, risparmio il disagio dello sciroppo e delle cure, e posso sognare che qualcuno, domani, mi liberi definitivamente di ciò che mi fa star male oggi. Così, se chi sta male dentro riesce a dar la colpa a qualcuno, risparmia la fatica di mettersi in discussione e può sognare che, prima o poi, quel qualcuno si accorgerà di quanto sbaglia e la smetterà.
L’errore più frequente, nei confronti di chi sa già che gli altri si comporteranno ostilmente verso di lui, è cercare di negare la sua presunta capacità: gli si offrirebbe soltanto il pretesto per nuove profezie ed ulteriori dimostrazioni di abilità predittiva.
Invece, si tratta di non discutere le previsioni, nemmeno quando sono sulla nostra pelle. Quasi sempre, in caso di errore di previsione, il predittore troverà il modo o di rilevare comunque un particolare per cui aveva ragione, o di dimenticare di aver fatto pronostici. Ricordando che chi ha bisogno di predire il comportamento altrui ai propri danni, di fatto non sta bene, non è difficile ascoltare le sue previsioni, e cambiare discorso, eventualmente cercando un modo per dargli un aiuto a stare meglio.
Naturalmente, nel caso ti riconoscessi come “tartarugatore“, e la cosa cominciasse a diventarti pesante, allora non è difficile cambiare abitudine. Sapendo che gli esseri umani non sono come i libri, e non possono “voltare pagina“, prima di tutto, accetta che ti serva un po’ di tempo per smettere di fare profezie, e, quando ti ricordi, limitati ad aggiungere un “forse” alla previsione, quanto basta per ridurne l’impegno a farla avverare. Nel giro di qualche mese i risultati cominceranno a farsi vedere. A questo punto sarà meno difficile riconoscere il disagio che ti portava a dover trovare un colpevole esterno: sarà proprio la soluzione a questo disagio interno che ti permetterà di perdere la capacità profetica, e ti consentirà di stare meglio!
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