«Studiare senza riflettere è inutile. Riflettere senza studiare è pericoloso»
(Confucio)
Sembra incredibile, ma il maggior problema della memoria è quello di dimenticare. Il cervello dispone, infatti, addirittura di sistemi di “potatura” che eliminano determinati collegamenti tra neuroni quando questi risultano deboli o doppi: le maggiori “potature” avvengono durante l’adolescenza, ma di tanto in tanto il fenomeno si ripete, per eliminare ricordi inutili e far spazio per quelli nuovi.
Gli organi di senso riferiscono al Sistema Nervoso Centrale ogni variazione che percepiscono, ed il Sistema Nervoso Centrale deve memorizzarle per poterle poi utilizzare. Ma se il processo avvenisse in modo diretto, se i segnali di ogni terminazione nervosa venissero registrati in sequenza, in breve il cervello sarebbe affollato di dati, per altro scombinati e difficili da elaborare. Per questo intervengono molte elaborazioni lungo tutto il percorso dalla sensazione al cervello: quello che stai leggendo è già interpretato dall’occhio, che decide di prendere in considerazione le lettere piuttosto che le macchioline e le irregolarità del supporto sul quale stai leggendo. Il cervello, poi, prima di tutto, cataloga quello che riceve, in modo da usare una “memoria” sola per tanti episodi simili, e risparmiare molto spazio: i simboli dei sogni, ed i concetti del pensiero consapevole, non sono altro che le etichette dei faldoni che contengono tanti episodi simili. Nel concetto di “casa” sono riunite tutte le tue esperienze, vissute o partecipate, relativamente, appunto, alle case di cui sei venuto a conoscenza.
Questo è il motivo per cui le dimenticanze aumentano con l’età: poiché le esperienze simili vengono catalogate assieme, ecco che diventa difficile distinguere tra episodi recenti poco diversi da loro, proprio perché nella memoria vengono unificati.
Il sistema che il cervello utilizza per catalogare le esperienze è funzionale alla vita: è importante che ricordi bene, e sappia ricordare al momento opportuno, cosa fa bene e cosa fa male, ed intuire, di fronte alle novità, cosa potrebbe essere meglio. Tutto questo dipende dalla disponibilità della memoria. Per centinaia di millenni, a partire dai mammiferi da cui discendiamo, il sistema nervoso si è selezionato per superare i problemi della vita, problemi che, fino a poche generazioni fa, erano relativi alla dipendenza dai fenomeni naturali: i pericoli erano soprattutto meteorologici, di fame ed, eventualmente, di rapporto con animali pericolosi. Oggi tutto questo è cambiato: in poco più di un secolo, almeno per noi, la meteorologia non determina più la vita quotidiana, il cibo è diventato molto più accessibile, non si deve più andare a caccia né lavorare a mano nei campi. La vita si è semplificata notevolmente, anche se non ce ne rendiamo conto, in cambio di qualche complicazione che ha modificato i criteri di sopravvivenza e quindi di selezione. In particolare, mentre in passato era importante essere robusti per resistere alle malattie e alla fame, oggi è importante disporre di una buona memoria teorica per ricordare come funziona il telecomando, il telefonino e il forno a microonde: comodità diventate indispensabili, ma fondate su altri criteri di selezione.
Le “potature” di cui accennavo all’inizio, rendono il cervello degli adolescenti molto plastico e capace di imparare ciò che serve per cavarsela nell’ambiente in cui si trovano: queste potature si ripetono col tempo, ma, andando avanti con l’età, sappiamo che il pensiero tende alla rigidità, ad affidarsi a quanto imparato precedentemente, diffidando delle novità. Per questo la memoria cede: perché sa troppo di quanto è servito in passato, ma non ha più spazio per imparare gli aggiornamenti, troppo differenti. E questo è il primo punto da ricordare: se hai problemi di memoria, non è perché funziona male, ma perché sai troppo (scrivilo, altrimenti rischi di dimenticarlo!!).
Il secondo punto da ricordare è che la memoria si è sviluppata in funzione della sopravvivenza, e non per studiare. Lo studio è una novità molto recente, per l’umanità, e non è ancora diventato determinante per la selezione. Quindi, per usare le memoria ai fini dello studio, occorre imparare a studiare secondo le regole della memoria. Le potature insegnano che la memoria tende ad eliminare ciò che non le serve: per questo, il modo migliore per studiare è insegnare alla memoria che quello che si sta studiando è utile. Tanto utile, che lo si incontra di nuovo, diverse volte: in altri termini, la chiave fondamentale dello studio, è il ripasso. Il ripasso rende molto più di ore passate a studiare: meglio studiare poco ma ripassare molto. Ricordi la filastrocca del numero dei giorni per ogni mese perché l’hai ripassata molte volte, mentre fai fatica a ricordare i 7 re di Roma o i 7 nani, perché non li hai più ripassati. Se sei tifoso, sai a memoria i nomi dei calciatori della tua squadra, perché li ripassi, così come molti hanno imparato l’inglese ripassando diverse volte al giorno le canzoni americane.
Ancora, si ricorda meglio collegando i concetti invece che tenendoli isolati: la memoria funziona per relazioni, meglio se di causa ed effetto, dove qualcosa viene prima e qualcos’altro succede dopo. Questa è la struttura dei proverbi e di molte filastrocche mnemoniche, proprio perché così si ricorda meglio, legando con una rima quando non c’è altro sistema per definire una relazione.
In tutto questo, va evidenziato come il problema dello studio e della memoria in generale non sia l’acquisizione, bensì il recupero. Più o meno, tutto quello che passa per i tuoi organi di senso viene memorizzato: il problema è sapere dove è finito, per poterlo recuperare quando ti serve. I sistemi automatici della memoria ti rendono disponibile il ricordo per cavartela nella vita, ma non sono adeguati per rispondere ad un esame, e l’ansia derivata dal non riuscire a ricordare la risposta rende ancora più difficile la ricerca. Per questo è importante schematizzare molto, costruendo così un archivio per gli argomenti, proprio perché sia facile recuperarli. L’organizzazione del sapere è la chiave della memoria: non tanto assimilare, che avviene automaticamente, quanto essere in grado di recuperare, e per questo, ancora una volta, sono gli schemi che aiutano il recupero.
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