«Le mele cadono quando sono mature»
Una quarantina d’anni fa, tre volte la settimana partivo da Brescia per andare a Milano, dal mio psicanalista, per affrontare i problemi che avevo raccolto durante l’infanzia e l’adolescenza. Facevo il viaggio su una Citroen Ami 8, come questa, ma la mia andava a metano, ed aveva un paio di bombole sul tetto, per cui, in discesa e col vento a favore, raggiungeva persino gli 80 km/h. La psicanalisi era anche interessante, ma il viaggio era sicuramente noioso, per cui mi ero comprato un registratore a musicassetta, mi ero legato con un elastico il microfono all’aletta del parasole, e durante il viaggio parlavo ad alta voce, registravo e mi riascoltavo.
Erano già un paio di anni che facevo la spola tra Brescia e Milano, e quello era un periodo di resistenza al cambiamento, come dicono gli addetti ai lavori… pochi sogni, a frammenti, difficili da interpretare. In uno di questi viaggi, parlando al mio microfono, mi sono detto che ero proprio stufo del mio psicanalista… non concludevamo niente, e mi costava soltanto, oltre al tempo del viaggio. E poi, ho continuato, perché fare una ricerca sulla mia personalità in modo così poco scientifico? con tutta la statistica che mi sono studiato, sarebbe sufficiente segnare tutti i giorni gli episodi più significativi e, nel giro di un paio di mesi, avrei raccolto tanto di quel materiale da poter calcolare frequenze e probabilità del mio comportamento fino ad avere una diagnosi veramente attendibile. Buona idea!, mi sono detto. Domani mi prendo un quadernino e comincio a segnare tutto, così che nel giro di due mesi, addio psicanalisi!, me la cavo da solo! Ho smesso di registrare, ed ho terminato il viaggio ascoltando un po’ di musica, mentre ripassavo contento i particolari del mio progetto.
A Milano, ho fatto una delle peggiori sedute… me ne stavo sulle mie, ero sostenuto, mentre il mio analista, comunque, era sempre molto affabile, taceva e prendeva nota.
Due giorni dopo, ero ancora sulla A4, alla guida della mia macchina, col microfono sulla aletta… «certo che è una bella noia, andare avanti e indietro per la psicanalisi… già, ma non avevo deciso di prendere il quadernino? Noooooooo! mi sono dimenticato!!! Tutti i miei progetti, tutte le mie intenzioni… dimenticato! senza scusanti: avrei potuto, e non l’ho fatto. Che non è stata pigrizia: ho fatto tante altre cose… ma non mi interessa risolvere i miei problemi? Sono proprio un immaturo… » ed è stato lì che mi si è accesa la lampadina.
«Immaturo!!! ecco la diagnosi!!! sono un immaturo. É vero!!! i miei problemi sono tutti dovuti alla mia immaturità!!! Non c’è nemmeno più bisogno del quadernino o della statistica: il mio problema è l’immaturità!!!» Ero contento: avevo scoperto la mia diagnosi, avevo capito il motivo per cui avevo scelto di mettermi in psicanalisi. Di lì, tutto il viaggio, è stato dedicato alla ricerca delle soluzioni per il mio problema. «Potrei cominciare a smettere di fumare… no, non ce la faccio, dovrei, ma non riuscirei… oppure… potrei smettere di correre dietro alle donne… nemmeno, ho appena conosciuto Gwendy e Rosaly… potrei cominciare a tenere la contabilità e risparmiare… nooo, già spendo poco, se mi privo anche di quello… ». Per tutto il viaggio ho fantasticato ipotesi di rinunce o di cambiamenti, e le ho scartate tutte, una per una.
Ero quasi a Milano, quando si è accesa la seconda lampadina del viaggio. Mi sono chiesto come facevano gli altri, quelli che io ritenevo maturi, ad essere maturi. Oltre allo psicanalista, conoscevo alcune persone che stimavo senza riserve, ed ho pensato a loro, ed a quali sforzi facessero loro per essere così maturi. L’intuizione è stata forte e profonda, una certezza: Le persone mature non si sforzano di essere mature. Ho capito che il miglior modo per allontanare la maturazione consiste nello sforzarsi di fingere di essere maturi… l’immaturo non può sapere come si vive da maturi, quindi ogni suo sforzo non potrà che portare a forme di immaturità. Ho intuito che il miglior modo per maturare, invece, consiste nel vivere appieno l’immaturità: sarà l’esperienza ad insegnare come diventare maturi. (In seguito, ho poi imparato anche l’importanza della frase di Bernardo di Chiaravalle, a proposito dei nani sulle spalle di giganti, ed ho capito che tutti possono insegnare ad affrontare il percorso della maturazione).
In seduta, ho raccontato allo psicanalista di questi passi, ed abbiamo proseguito con l’accordo che io avrei cercato di tirar fuori tutta la mia immaturità, e poi, con lui, l’avremmo trasformata in esperienza… e ancora oggi ho tanta gratitudine per uno dei miei più grandi maestri, il professor Pasqualino Frezza, che mi ha aiutato tanto in questo lavoro.
I dolori della vita fanno maturare, ma se c’è la possibilità di un confronto, si soffre meno e si impara di più.
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