Quando il tempo non passa mai

«Aspettare e non venire… è una cosa da morire»

(A. F. Gennaro)

L’attesa è uno strano supplizio, soprattutto perché ce lo si impone da soli: è un modo costoso di vivere il periodo che separa il desiderio dalla sua sperata realizzazione. Quando si aspetta, il pensiero tende ad entrare in un circolo vizioso, alla vana ricerca di attesaun sistema per accelerare il tempo, dove tutti gli stimoli alla distrazione vengono rifiutati, e dove si trovano sistemi per soffrire inutilmente, col risultato di un’ansia che cresce, e quindi un malessere che sembra incatenare sempre di più. Che si tratti di un esame da affrontare, o del termine della giornata di lavoro, o di ricevere un regalo, o della coda ad un ufficio, o fuori da un Pronto Soccorso dove è ricoverata una persona cara, quasi tutte le persone sono sensibili all’attesa, anche se ciascuno si specializza su tematiche differenti, e a tutti sembra che gli altri non ne siano suscettibili.

Spesso si collega l’agitazione tipica dell’attesa con uno stato di ansia: di fatto, si tratta di due fenomeni differenti, che si possono sovrapporre. La persona ansiosa sentirà l’attesa in modo più forte, ma anche chi non lo è sentirà agitazione quando si trova ad aspettare qualcosa per cui è abituato ad entrare in agitazione. Per questo, molte persone pur non essendo ansiose, si convincono di esserlo quando entrano in agitazione aspettando quell’evento cui sono abituate a reagire così.

Per capire il funzionamento dell’agitazione sotto attesa, occorre qualche cenno apensiero_1l funzionamento del Sistema Nervoso Centrale, in particolare al condizionamento. L’attività principale del Sistema Nervoso Centrale è soprattutto questa, di imparare a ripetere i comportamenti che dànno piacere, e ad evitare quelli che portano dolore. Quindi, se si osserva che quasi sempre l’attesa termina con una soddisfazione, ecco che Sistema Nervoso Centrale, automaticamente, attribuisce il raggiungimento del risultato all’agitazione che l’ha preceduto. Se, aspettando l’interrogazione, eri agitato, e poi è andato tutto bene, ecco che l’agitazione diventa, per gli automatismi del Sistema Nervoso Centrale, la causa dell’esito positivo. Se la persona che aspetti è in ritardo, e ti agiti, e poi arriva sana e salva, come succede spesso ai genitori i cui figli cominciano ad uscire di sera, ecco che l’agitazione diventa, per il Sistema Nervoso Centrale, lo sforzo fatto da chi aspettava per contribuire al rientro in salute. In altri termini, il logorio dell’attesa viene visto, dall’organismo, come la fatica necessaria per ottenere il risultato che si attende.

A volte il Ludopatiacondizionamento si struttura in base a grandi vantaggi ottenuti raramente, come nel caso della ludopatia, in cui una forte vincita è in grado di allacciare il rito di attese estenuanti davanti alla macchina mangiasoldi, altre si struttura sul normale piacere di terminare la settimana di lavoro, che avviene regolarmente da anni.

Il «decondizionamento» non è facile: qualche psicologo ha messo a punto strategie comunque lunghe e costose, perché si tratta di andare contro ad un meccanismo che, per tutto il resto, è efficace: l’apprendimento funziona in base al condizionamento. Per questo, per esempio, è poco efficace un intervento puramente psicoterapeutico contro la ludopatia.

Prima di tutto, è importante riconoscere che l’attesa comporta l’aspettativa di un premio, il risultato aspettato, e che, nella realtà, questo premio non è per nulla collegato agli sforzi fatti sacrificiodurante l’attesa: come i sacrifici che una volta si facevano agli dei, l’agitazione dell’attesa ha il valore di un portafortuna, e prendere coscienza che non c’è legame tra la sofferenza durante l’attesa e l’esito finale è già un primo passo fondamentale. Nella maggior parte delle volte basta ricordarselo quando comincia a salire l’agitazione, e darsi da fare per distrarsi: il condizionamento tenderà a sfumare, fin quasi a scomparire. Se non si riesce, soprattutto all’inizio, si può trarre beneficio anche da un blando ansiolitico, prescritto dal medico: l’importante è che sia finalizzato al decondizionamento, quindi associato all’intenzione di perdere l’abitudine di agitarsi durante l’attesa. Infine, nei casi più gravi, come quelli della ludopatia, occorrerà anche lo sforzo della motivazione impostata sui gravi danni apportati dall’abitudine che si intende perdere.

Pubblicato da

Alessandro Zucchelli

vedi www.sanzuc.it