Controllare l’ansia

«L’ansia non viene dal pensare al futuro, ma dal volerlo controllare»

(K. Gibran)

Quando si sente l’ansia che aumenta, di solito ci si preoccupa: diversamente, non si sarebbe ansiosi. La persona ansiosa di solito convive con l’ansia, ma non la sente, perché ci è abituata: se i livelli di ansia aumentano, allora se ne accorge e, preoccupandosene, li fa aumentare ulteriormente, a volte riuscendo a controllarli, ma spesso, invece, arrivando munchall’impossibilità, con la conseguenza del panico o dello stare molto male.

Il panico può anche comparire improvvisamente: quando l’ansia sale troppo alla svelta, saltando le tappe intermedie, ma ha la medesima struttura dell’ansia. Il panico può essere definito come l’ansia di essere in ansia.

Ormai è appurato che l’origine dell’ansia è di tipo fisiologico: il sistema nervoso cosiddetto Simpatico è orientato alla ricerca di soluzioni al pericolo, e si attiva automaticamente quando lo percepisce, anche lontanamente. Il sistema Simpatico ha a disposizione due strategie: l’attacco e la fuga. Se riesce a metterne in pratica una, il problema è risolto: o ti difendi, o scappi, ma non vai in ansia. L’ansia deriva dall’impossibilità di attaccare senza poter scappare. In questo caso, il Sistema Nervoso Simpatico chiede al Sistema Nervoso Centrale, quello del pensiero, di trovare una soluzione. Se il pensiero inconsapevole, quello comune agli animali, ha una soluzione, il indigestioneproblema si risolve, e tutto passa, altrimenti si va al pensiero consapevole, e l’ansia si consolida. Per esempio, se ci sono problemi di digestione, c’è un senso di disagio e di pericolo, ma non c’è né attacco né fuga in grado di risolvere il problema, e quindi si genera l’ansia, che coinvolge il pensiero inconsapevole. Questo, in base all’esperienza, propone di liberarsi di quanto è stato mangiato, svuotando lo stomaco e magari anche l’intestino. Se questo è possibile, vai in bagno, ti liberi, e passa l’ansia. Se, invece, questo non fosse risolutivo, allora l’ansia coinvolgerebbe il pensiero consapevole, che può decidere se prendere un farmaco, rivolgersi ad un esperto, o stare sempre peggio, più per l’ansia che per il problema della digestione.

Il sistema Simpatico è quindi sensibile al pericolo, ed è stato addestrato, mediante l’evoluzione, ad evitare i pericoli che minacciavano i nostri progenitori, primati compresi: noi siamo i figli di coloro che, grazie all’attacco ed alla fuga, si sono salvati da quei pericoli. Ma i pericoli di oggi sono molto cambiati. È molto difficile incontrare per multastrada una tigre o un nemico con la lancia pronto a trafiggerci, mentre sono più diffusi gli agenti delle tasse, il traffico, e tanti altri problemi che non possono essere risolti né fuggendo né attaccando. Per questo l’ansia è un problema attuale: il Sistema Nervoso Simpatico non è adatto per affrontare questo tipo di pericoli.

Come visto prima, il Sistema Simpatico, per le soluzioni che non siano di attacco o di fuga, passa il problema al pensiero inconsapevole. In un buon numero di casi, l’addestramento, costruito mediante i riflessi condizionati, arriva ad una soluzione: per esempio, quando guidi, e vedi un pedone che attraversa la strada, ti trovi con la macchina ferma prima ancora di essertene accorto, perché il sistema nervoso ha reagito quasi istantaneamente.

Il guaio è quando nemmeno il pensiero inconsapevole è in grado di risolvere il problema che viene avvertito come pericolo, perché allora la patata bollente passa al pensiero consapevole, il regno dell’intelligenza e dell’astrazione. L’ansia ed il pensiero ansiaEsamiconsapevole non vanno d’accordo: come ricordi bene, quando eri sotto esami, a scuola, l’ansia ti riduceva l’efficienza dell’intelligenza, e così anche ora. Se sei in ansia, fai fatica a ragionare. Per giunta, l’intelligenza funziona cercando soluzioni teoriche, e queste saranno sempre lontane dalla concretezza del corpo: praticamente, pensare quando si è in ansia porta ad un vissuto sempre più profondo di sfiducia nei confronti del proprio corpo, proprio perché l’intelligenza tende ad immaginare soluzioni che il corpo non è in grado di attuare. Per questo, se una persona intelligente entra nella spirale dell’ansia, finisce per maledire la sua intelligenza, e non sono pochi coloro che cercano di limitarla, mediante l’alcol, le droghe o gli psicofarmaci. Riducendo in questi modi l’intelligenza, non si risolvono i problemi, ma non se ne sente l’ansia, e questo costituisce un sollievo che giustifica l’assuefazione.

Non è facile curare l’ansia: già Freud aveva escluso che la psicanalisi potesse essere efficace su questo problema, mentre le scuole comportamentiste ottengono qualche risultato mediante esercizi di condizionamento.

Sicuramente, i tempi sono lunghi, perché il problema è complesso: dal punto di vista della soluzione, i sintomi dell’ansia sono la punta dell’iceberg che trova appoggio sui tanti aspetti di sfiducia in se stessi, e lavorare su questo tema, quando si è in ansia, non è facile, è come voler insegnare a nuotare durante un naufragio. Per questo, l’ideale è un colpo al cerchio e uno alla botte, affrontare entrambi i temi, della pace con se stessi dapsicofarmaco una parte e delle soluzioni efficaci dall’altra, esaminando i motivi concreti dell’ansia e studiandone vie d’uscita realistiche. Ovviamente, tutto questo richiede il confronto: non è possibile far da soli nel trattamento dell’ansia, perché la sfiducia nei propri confronti porta regolarmente a soluzioni teoriche irrealizzabili, impegni e proponimenti irrealistici, destinati al fallimento ed alla delusione. Purtroppo, chi soffre d’ansia cerca soluzioni rapide e individualistiche… possibili solo con gli psicofarmaci, ma a scapito del rendimento intellettivo. Invece, l’Amico in Affitto, non essendo una psicoterapia, ma consentendo la seduta quando viene vista utile dall’interessato, può essere un sistema efficace ed economico per affrontare efficacemente questo problema, nei tempi e con i ritmi di chi desidera risolverlo.

Pubblicato da

Alessandro Zucchelli

vedi www.sanzuc.it