«Quella che il bruco chiama fine del mondo, per il mondo si chiama farfalla»
(Laozi)
La frase di Laozi è molto bella… ma riservata a pochi, e uno di questi pochi sei tu. Praticamente, sei eccezionale.
Perché il dolore possa davvero essere il ponte verso il diventare farfalla, occorrono almeno tre condizioni.
La prima è che il dolore sia limitato nel tempo. Se il dolore non termina, la farfalla non nasce. Quante persone, nel mondo, nascono in miseria, e vivono in miseria per tutta la vita? Quanti vivono su confini in guerra costante? Quanti nascono e vivono ammalati, senza possibilità di cure? Un elenco infinito che ti fa capire come, per il solo fatto di poter leggere questo blog, sei un privilegiato.
La seconda è che il dolore non sia obiettivamente eccessivo. I dolori al limite della sopportabilità lasciano un segno che ne impedisce il superamento. Il bimbo che è stato massacrato di botte impara a chiudersi e bloccarsi in tutto, e sarà molto difficile che qualcuno possa aiutarlo a modificare il suo comportamento. Si riesce, a fatica, a sopravvivere ad un terremoto, o ad una separazione, o ad un fallimento economico. Ma se queste tre sciagure si combinano nel medesimo breve periodo, allora è probabile che non si riesca mai più a recuperare la serenità interiore.
La terza è che l’insegnamento derivato dall’esperienza dolorosa possa essere utilizzato in altre condizioni problematiche: ci sono dolori, soprattutto fisici, che restano limitati a quell’occasione, e che non ammettono apprendimento se non in modo molto generico.
Per questo, non è facile aiutare chi si trova nella condizione del bruco, che sta soffrendo. Si può capire solo se si ha sofferto, e, per tante sofferenze che si possa aver passato, è impossibile capirle tutte.
Per capire ed aiutare chi è stato ferito dalla sofferenza, occorre ricordare che non è possibile capire tutto, e l’ammirazione per chi ha sofferto è la prima condizione per cominciare a lavorare efficacemente assieme.
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