Cosa farai da grande? Spunti di orientamento scolastico

«Chi non dà un mestiere a suo figlio, lo rende ladro»

(Talmud)

Ogni momento è buono per pensare a cosa faranno i figli da grandi. Purtroppo, dato che la professione è vincolata al percorso scolastico, troppo spesso si confonde la scelta della noiaprofessione futura con la scelta della scuola più gradita. Anche al termine della scuola media, è abitudine di molti insegnanti cadere in questo equivoco e, invece di suggerire ipotesi professionali, indicano percorsi scolastici. Un liceo classico diventa facile se considerato come la condizione per diventare giudice o professore, mentre appare noioso e difficile se non si sa a cosa potrà servire.

Un altro problema che rende difficile la scelta della professione è costituito dagli errori dei genitori: troppo spesso, infatti, questi si ritrovano addosso una professione sgradita, perché scelta male, e vivono il lavoro più come un dovere odioso che non come un’opportunità per mettere le proprie capacità a disposizione della società per ottenere in cambio il denaro necessario per vivere dignitosamente. Questo comporta che i figli vivano tanto il lavoro quanto lo studio come torture, e che la loro fantasia sia più orientata a come trovare le vie di fuga dal dovere che non a cercare soddisfazioni e risultati positivi. In più, quando un insegnante, per punizione, raddoppia burtSimsoni compiti della sua materia, insegna che lui stesso la odia.

Fino al secolo scorso, studiare era un privilegio, e, soprattutto per chi faceva fatica a permetterselo, era chiaramente la strada necessaria per acquisire la capacità di un lavoro desiderato. Si studiava per diventare ragioniere, per diventare medico, o avvocato, e chi voleva diventare ingegnere doveva imparare anche il latino. Non è il caso di discutere quanto sia utile il latino all’ingegnere o il calcolo trigonometrico per il filosofo: quello che mi interessa è che la motivazione allo studio deriva dall’obiettivo finale, che è la professione.

Per questo, una buona scelta della scuola passa dalla scelta dell’attività lavorativa. astronautaL’ideale, sarebbe cominciare fin dalle elementari, chiedendo ai propri figli cosa vorranno fare da grande. Ho iniziato questo articolo con il disegno del pompiere, proprio perché una volta era la più diffusa delle aspirazioni infantili. Non importa se un bimbo vuol fare l’astronauta o il calciatore: importa che cominci a farsi un’idea del fatto che prima o poi uscirà di casa, e si realizzerà anche in una professione.

Vero: oggi c’è il problema della disoccupazione. Ma se non ci sarà una motivazione al lavoro, la disoccupazione sarà ancora più probabile. Soprattutto, se l’idea di lavorare viene vista come dovere da subire e non come opportunità per vendere la propria capacità di essere utile, la ricerca del lavoro diventa conflittuale e difficile.

Per questo, il primo passo per arrivare ad una scelta scolastica è coltivare sogni sulle possibilità di lavorare. Da quelli irrealistici infantili a quelli via via più concreti, e in grado di formulare scelte. È vero che a 13 anni, quando si deve scegliere cosa fare dopo la terza media, non si è ancora sufficientemente realistici, ma è anche vero che gli indirizzi cominciano ad essere chiari, sulla lunghezza e sul tipo di studi da affrontare.

Nel caso ci siano difficoltà per definire una scelta, un aiuto può venire dall’analisi del tempo libero. Quando lavoravo al Centro di Orientamento di Bergamo, utilizzavo untestPsico questionario che era il risultato di una scomposizione in fattori degli interessi necessari per le varie professioni: in questo modo, indagando sugli interessi dei giovani si avevano elementi per scegliere le professioni che rispondessero a questi requisiti. I campi proposti erano sei: Natura, Scientifico, Commerciale, Sociale, Artistico, e Tecnico. A questo punto, se si vuole avere un’idea della professione che potrebbe andar bene per il figlio, si prende nota di come investe il tempo libero durante una settimana “normale”, di vacanza, senza impegni. Si scrive l’attività svolta ed il tempo che vi dedica. Dopo di che, si cerca, magari assieme al coniuge o ad un parente per consigliarsi, quali campi di interesse concorrono, valutando, a spanne, la composizione. Per esempio, se gioca a calcio, le componenti sono Natura (all’aria aperta) e Sociale (squadra). Se invece fa un videogioco, abbiamo Tecnico e anche Commerciale (guadagno di punti). Se poi il videogioco è di gruppo c’è anche la componente Sociale. Per la televisione, dipende dal contenuto del programma: i cartoni animati tendono al Sociale, lo sport alla Natura in tempiMetodiquanto all’aperto, eccetera. Raccogliendo meticolosamente i tempi di attività di una settimana, emerge un profilo che sarà meno approssimativo di quanto si crede, proprio perché costruito in termini analitici. In caso di dubbio, si può ripetere l’esperimento dopo una settimana, e verificare che, probabilmente, i risultati non sono molto differenti.

A questo punto, diventerà facile trovare professioni che rivestano il profilo calcolato: praticamente, vengono scartate tutte quelle professioni che possono piacere, ma non rispondono agli interessi emersi dalla spontaneità del tempo libero. Volendo, si può fare questa prova una settimana ogni anno, dall’inizio della scuola elementare, e vedere come arriva la maturazione, precisando alcuni interessi rispetto ad altri. L’importante è concretizzare in qualche professione questi interessi, in modo da dare un sogno al giovane su come sarà da adulto autonomo.

Riuscire a modificare l’idea della scuola di un giovane, da quellastudioamato di un dovere da subire a quella del percorso per raggiungere un obiettivo di soddisfazione, è uno dei successi migliori in campo educativo, e comporta la prospettiva di un’adolescenza attiva ed efficace. Come sempre, per eventuali approfondimenti individualizzati, basta scrivermi dai contatti.

Pubblicato da

Alessandro Zucchelli

vedi www.sanzuc.it