Le ingiustizie della vita

«La legge è uguale per tutti»

(Aula di Tribunale)

Quando leggi sul giornale che un bimbo di due anni è stato ucciso a martellate dal padre (Trento, 27 marzo 2017), o che un ragazzo è stato ammazzato a sprangateHulk perché voleva difendere la fidanzata (Alatri, 24 marzo 2017), per fare due esempi recentissimi, è normale che ti salga la rabbia, e che confidi in una Giustizia istituzionale che ti sollevi dall’impulso profondo di difenderti da solo.

Verrebbe da pensare che la giustizia sia innata, insita nel carattere e che chi ha un comportamento ingiusto, sia menomato da qualche parte, forse nel cervello.

Invece, no. Il senso della giustizia è appreso, per educazione, e non fa nemmeno parte del patrimonio ereditario, steletanto che la Legge è stata inventata da Hammurabi circa 2760 anni fa. Prima delle 282 leggi imposte dal re babilonese, la pace tra le persone veniva garantita dai medesimi criteri che Frans de Waal ha descritto a proposito dei nostri progenitori primati nel suo interessante volume “Far Pace Tra Le Scimmie”: tra due litiganti, interviene il capobranco, ponendosi a fianco di quello che gli è più simpatico, così che all’altro non resti che abbandonare la contesa; questo avveniva anche nella tribù e nei regni che hanno preceduto Hammurabi: il capotribù o il re decideva quale dei due contendenti favorire.

Il sistema naturale per mantenere la pace, quello utilizzato dai primati, si fonda quindi sull’amicizia e, dopo l’invenzione della Legge, resta meglio noto come “sistema mafioso”. bonoboMentre per la legge, tutti sono uguali, per l’amicizia tutti sono diversi: l’uguaglianza, che sta alla base della Legge, è un concetto astratto; la vita, e non solo l’amicizia, si fonda, invece, sulla diversità. Se pensi ai tuoi amici, li vedi in fila: non sono alla pari, ma c’è chi viene prima e chi viene dopo, e, dovessero litigare tra loro, avresti inevitabilmente delle precedenze. Legge e mafia sono l’una il contrario dell’altra, rispetto alla considerazione nei confronti della persona e, paradossalmente, la mafia è più realistica della Legge, tanto che non scompare e, addirittura, tende ad infiltrarsi anche negli ambiti dove le leggi vengono progettate e deliberate, presso deputati e senatori, come spesso si legge sui quotidiani.

A volte viene voglia di sognare un mondo fondato sulla giustizia pura, dove tutti siano esattamente uguali di fronte alla Legge, ma è un sogno che resta astratto. In qualche Paese la giustizia è molto più ferrea che in Italia: pshinkaner esempio in Giappone, dove i treni sono puntuali al secondo e dove per salire sui mezzi pubblici è prevista una fila ordinata. i detenuti sono la metà di quelli in Italia, e sono custoditi in carcere da un poliziotto – armato solo di manganello – ogni 70 carcerati.  In Giappone, la legge funziona molto bene. Peccato che il tasso di suicidio, nel Paese del Sol Levante, sia più che quattro volte quello dell’Italia: la disuguaglianza diventa spesso un peso insopportabile. E, nonostante la forza della Legge, anche il Giappone ha la sua mafia, la famigerata Yakuza, che, pur organizzata in modo molto rigido, contrasta le decisioni fondate sull’uguaglianza quando non accettano quelle a favore degli amici dei mafiosi.

Aumentando la forza della legge si riduce il valore dell’amicizia, ed aumenta quindi la freddepacezza nei rapporti sociali. Per uscire dal paradosso del conflitto tra Legge e mafia, occorre ricordare a cosa serve la Legge. Anche se il passato recente è stato connotato da una Legge imposta come sistema di potere, da parte degli imperatori, dei re, e dei dittatori, di fatto la Legge serve per vivere meglio assieme, per regolare i rapporti sociali in caso di conflitto e, possibilmente, per prevenire i conflitti. La Legge serve alla Pace. Tuttavia, nonostante più di 70 anni di cultura democratica, la mentalità attuale resta ancora legata al potere, e troppe leggi sono più frutto di una libido imperandi che non di un servizio alla pace sociale.

L’obiettivo da raggiungere, qVitruvianouindi, è la pace: prevenire e risolvere i conflitti, e non imporre l’ordine. E questo comincia dall’individuo: ciascuno può decidere se mettere in pratica le norme perché “si deve fare così”, oppure sapere che la norma è solo un aiuto, ma non è la condizione.

L’insegnamento è antico (Mt, XII, 8), anche se chi lo disse è stato ucciso proprio per questo suo modo di pensare: lui predicava che la Legge è uno strumento, e non può prevalere sulla persona.

Non si tratta di abolire la norma, che è spesso utile: si tratta di ricordare che il valore profondo è la persona, e che anche il ragionamento, l’intelligenza, l’astrazione dell’uguaglianza, vengono dopo. D’altro canto, in qualità di Amico in Affitto (e anche in Prestito) non potevo che sostenere l’amicizia!

 

 

 

 

Pubblicato da

Alessandro Zucchelli

vedi www.sanzuc.it