Quando e come dire “no” ai bambini

«Le due parole più brevi e più antiche, e no, sono quelle che richiedono maggior riflessione»

(Pitagora)

Ormai è abbastanza chiaro che, senza i no, l’educazione rimane carente, e fin dall’adolescenza cominciano ad essere evidenti le conseguenze della difficoltà a frustrazionesopportare la frustrazione: diventa sempre più difficile farsi ubbidire e, non di rado, si ottiene solo una chiusura.

Tuttavia, quando i figli sono ancora abbastanza piccoli perché possano accettare i no, è facile lasciarsi commuovere, ci si chiede se sia proprio il caso di farli piangere, e si rimanda il momento dell’inizio… a quando, sarà troppo tardi. Perché più si aspetta, meno il figlio impara a sopportare la frustrazione del no, oltre ad imparare come fare a creare sensi di colpa ai genitori che vorrebbero imporlo.

La difficoltà, da parte del genitore, sta nel motivo: perché dire questo no? La quasi totalità dei no è relativa, ed è quasi sempre possibile trovare un motivo per non dirlo. Se smartBimbimangia una caramella, che male gli fa? Se non vuole fare il bagno adesso, che cosa succede? Se vuole giocare con la terra? Se vuole giocare col mio telefono? eccetera. Con un po’ di ragionamento, si può smontare qualsiasi divieto e qualsiasi obbligo: ormai siamo abituati a criticare qualsiasi nuova legge, e non ce ne è una che raccolga il consenso universale. A maggior ragione per un bimbo: perché dire proprio questo no?

Per le leggi, sono i partiti che le sostengono: praticamente, a seconda dell’ideologia, una legge è buona oppure criticabile. Lo stesso vale per i no, e anche per i : non è il singolo caso sul quale discutere, ma l’idea più grande cui fare riferimento, che troppo spesso autoritamanca nell’educazione.

È rarissimo che i genitori si chiedano a quali valori educare i propri figli. In passato, non appariva un problema importante, perché i valori erano comuni, condivisi e indiscutibili: erano gli stessi per il podestà, il parroco, il maestro ed il medico. Il sistema educativo era uguale per tutti, autoritario, punitivo, e selettivo, e chi non vi sottostava veniva emarginato. Non era il massimo, ma non creava problemi di scelta ai genitori. Oggi questa unità si è sfaldata, e l’educazione è diventata, per le famiglie, qualcosa da inventare momento per momento, senza le idee chiare, soprattutto per i no. Un’educazione senza obiettivi è come viaggiare senza meta: si fa solo fatica. D’altro canto, i valori sono così determinanti nell’educazione che, se non li scelgono i genitori, li scelgono gli altri, che sia il consumismo o la banda di bulli, il cantante preferito o il social più seguito.

Nell’educazione dei figli è sufficiente decidere quali sono i tre o quattro valori fondamentali, possibilmente in accordo tra i coniugi. La scelta dei valori consiste semplicemente nel prendere coscienza di quali siano i princìpi che impostano le proprie scelte. Per alcuni la ricchezza viene prima di tutto, per altri la responsabilità sociale, pervaloriV altri ancora la solidarietà o la religione, eccetera. Ciascuno di questi valori si colora con altre precedenze, che siano l’agilità, lo studio, la creatività, o altre doti ritenute importanti. La definizione dei valori porta subito una prospettiva nelle scelte della vita, che prendono rilievo: alcune diventano più significative, altre molto meno. Più è chiaro l’obiettivo educativo, più sono chiari i valori da costruire nella personalità del figlio, più è facile valutare come gestire i ed i no, in modo da renderli strumenti della formazione.

Una volta definiti gli obiettivi, quando si tratta di decidere se oppure no, suggerisco di fermarsi un istante e di immaginare il proprio figlio cresciuto, quindi chiedersi «tra vent’anni sognofuturosarò fiero o proverò sensi di colpa, per questa decisione?». In questo modo diventa molto più semplice scegliere e mantenere la scelta fatta.

Infine, una piccola complicazione per semplificare le cose. In educazione non esiste solo il ed il no: sarebbe autoritarismo e man mano i figli crescono, man mano questi due avverbi diventano strumenti troppo rigidi. L’alternativa è il “se“, la condizione. Riuscire a trasformare ogni decisione in una condizione significa convertire ogni no in un’occasione di crescita e di conquista, perché da adulti è la condizione ciò che determina la libertà.

Pubblicato da

Alessandro Zucchelli

vedi www.sanzuc.it