«Il perdono rende felici»
(Anonimo)
Prima del XX secolo, in Italia, ciascuno era responsabile del proprio futuro: per qualsiasi disgrazia, vecchiaia compresa, occorreva far fronte mediante i propri risparmi e, nei casi migliori, con i prestiti degli amici e la solidarietà dei parenti. Solo di recente, con la nascita della Cassa Nazionale di Previdenza nel 1898, è stato possibile delegare ad Enti ed allo Stato il compito di assicurare i cittadini per limitare i danni delle disavventure. Per questo, da sempre era necessaria una gestione differente dei risparmi rispetto ad oggi: per i più, la fonte della tranquillità stava nel denaro che si nascondeva sotto il materasso. La vita economica, quindi, comportava abitudini a ristrettezze e a rinuncie nonostante si sapesse che, nascosto da qualche parte, c’era un discreto capitale accantonato per ogni evenienza.
Fin dalla notte dei tempi, è stato comunque necessario introdurre qualche eccezione alla regola del risparmio, prima di tutto per evitare che si trasformasse in taccagneria, e poi per prevenire che l’accantonamento eccessivo dei viveri che diventasse dannoso alla salute. Ne è derivata la festa del solstizio d’inverno, comune a molte culture europee, orientata al consumo di quando era rimasto nella dispensa ma non avrebbe retto fino alla primavera. Con il cristianesimo, questa festa è diventata il Natale, indipendentemente dalla vera data del compleanno di Gesù. Il Carnevale si è aggiunto proprio per dar fondo agli ultimi insaccati (dal latino: caro, carnis + vale = addio alla carne), a costo di una quarantina di giorni di ristrettezze, per evitare avvelenamenti da cattive conservazioni. Finalmente, con la nascita degli agnelli, riparte la buona stagione e tornano i consumi normali: nel cristianesimo diventa la festa della Pasqua.
Tra le conseguenze dell’economia domestica fondata sul risparmio, c’è anche la limitazione dei regali ai bambini: se, stando al cuore, anche i nostri bisnonni avrebbero donato tutto pur di vederli felici, tuttavia la saggezza comportava che occorreva tirare la cinghia anche per questo aspetto della vita quotidiana. Il bambino chiedeva, e gli adulti dovevano, a malincuore, dire di no, rinunciando al suo sorriso ed alla sua gratitudine. In coincidenza con la festa del solstizio invernale, poco prima (6 dicembre, San Nicolò, diventato Santa Claus al nord; 13 dicembre, Santa Lucia) o poco dopo (25 dicembre, Natale; 6 gennaio, Epifania) a seconda dell’economia locale, si decideva di fare un regalo anche ai bambini, preparandolo con tanta cura, così da potersi gustare le loro esplosioni di gioia.
L’attribuire la generosità ad un essere superiore di fantasia, serviva soprattutto a proteggere la strategia del risparmio: quello che veniva donato non era contestabile e doveva andar bene, anche se non accontentava tutti i desideri. A questo si aggiungono una componente spettacolare ed una leva educativa. La scenografia della preparazione, in alcuni casi per venticinque giorni (il calendario dell’avvento, tipicamente tedesco), non solo ottiene l’esaltazione delle aspettative, ma permette anche agli adulti di entrare nei ruoli previsti per partecipare alle emozioni dei piccoli, rendendo l’atmosfera magica. Bisogna ricordare che è solo con la fine del XIX secolo che i bambini vengono presi in considerazione: prima, per la miseria e per l’alta mortalità, si evitava di affezionarsi, e l’unico momento in cui ci si permetteva di gustare la gioia dei bambini era proprio la festa del solstizio d’inverno.
La leva educativa è particolarmente interessante: da una parte, i doni sarebbero arrivati solo per i bambini buoni, ma dall’altra, i doni arrivavano per tutti, anche per quelli che sapevano di non essere stati buoni. A differenza dell’educazione quotidiana, che consisteva in castighi e percosse anche violente, la festa del solstizio invernale dimostrava a tutti i bambini che, in fondo, erano stati molto più bravi di quello che credevano, premiando invece che castigando. Ed è probabilmente questa la magia profonda e vera della notte dei doni, il motivio per cui la si ricorda con nostalgia, e ci si sente in dovere di riproporla alle nuove generazioni.
Infatti, oggi il problema economico ha caratteristiche molto differenti, ed il risparmio non ha più senso, almeno per come lo facevano i nostri bisnonni: ai bambini i regali si fanno in qualsiasi periodo, su richiesta dell’interessato o per desiderio dell’adulto, ma non in occasione di ricorrenze particolari. Non ci sarebbe quindi bisogno di festeggiare il solstizio invernale. Di conseguenza, cade anche il motivo per attribuire a figure di fantasia la generosità dei doni, visto che per tutti gli altri regali è evidente il ricorso al portafogli dell’adulto. E tuttavia, rimane il bisogno del Grande Inganno, della Bugia nei confronti dei piccoli: gli adulti sanno che verranno smascherati, prima o poi, ma restano concordi nell’imbrogliare i piccoli, illudendoli che, una volta in tutto l’anno, siano personaggi invisibili a portare doni a chi è buono.
L’esperienza di essere stati perdonati da piccoli, attraverso la magia del solstizio, e di essere stati riconosciuti per buoni quando si temeva di meritare solo carbone, è stata così profonda, così positiva, da indurre a ripeterla anche per i figli ed i nipoti, e persino collaborare con i vicini, magari suonando la campanella di nascosto come se stesse per arrivare Santa Lucia per contribuire a far sentire buoni tutti i bambini che credono di essere stati cattivi.
A questo punto, i genitori hanno due strade. La prima è quella di decidere di non dire bugie, e di spiegare ai piccoli che per la festa del solstizio invernale è tradizione fare regali ai bambini. Con l’occasione si spiega che alcuni genitori preferiscono dire ai loro figli che i regali li porta un personaggio fantastico, e che questa scelta va rispettata, per cui la spiegazione di chi porta i regali deve restare un segreto tra il bambino ed il genitore che glielo spiega, senza dirlo a nessuno, dandogli così una prova di fiducia e di stima che, per giunta, verrà confermata quando anche per i coetanei verrà scoperta la verità.
La seconda è quella di continuare la tradizione, mantenendo la figura del personaggio fantastico: in questo caso, sarà importante calcare la mano sulla condizione della bontà, proprio perché i regali diventino la dimostrazione che il bambino è più buono di quello che crede. Fargli dubitare di meritare i regali, per poi scoprire che ne arrivano di più, dimostra al bambino che può fidarsi di se stesso, e questa fiducia resterà anche dopo che avrà scoperto il Grande Inganno, come puoi verificare sulla tua pelle, che sei rimasto legato alla magia di queste feste proprio perché ti hanno dimostrato la tua profonda bontà.
In ogni caso, a questo link ci sono i miei auguri: buone feste!
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