Rallentare il tempo

«La cattiva notizia è che il tempo vola. La buona notizia è che sei il pilota»

(Michael Althsuler)

14 novembre 1988, ore 14 circa: da mezz’ora il dolore che sentivo all’altezza del cuore, corazza2come se avessi una corazza troppo stretta che premeva proprio lì, non mi dava tregua. Mi mancava anche il respiro. Avrei dovuto andare in trasmissione un’oretta dopo, ma non ce la facevo: Sonia, mia moglie, ha telefonato al medico, che le ha raccomandato di portarmi velocemente al Pronto Soccorso, dove è stato riconosciuto un infarto. Una settimana di ricovero, durante la quale ho approfittato per smettere di fumare, e mi hanno rimesso in piedi, pur con l’aiuto di molti farmaci. Poi gli esami e la coronarografia: tre coronarie praticamente otturate, da sostituire, o con by pass, con una coda di anni, o con la nuovissima tecnica dell’angioplastica, non ben collaudata, ed accessibile quindi in tempi brevi. Propendo per quella, ed il 12 febbraio 1989 vengo ricoverato. Tre ore in unità coronarica, ma senza esito: c’è il rischio che, invece di allargare la coronaria, questa si rompa definitivamente, per coronariecui, d’urgenza, vengo inviato alla sala operatoria. Sonia, che aveva aspettato tutto quel tempo, mi vede uscire e mi tranquillizza dicendomi che le hanno detto che andrà tutto bene. Non sapevo di essere una maschera di sangue per le dosi massicce di fluidificanti che mi avevano iniettato. Arrivo in sala, tre o quattro chirurghi in burka verde (mascherina, berretto e occhiali) mi osservano dall’alto, mentre l’anestesista mi dice di contare fino al 30 che mi sarei addormentato. Al 27 avrei voluto dire che ero ancora anestesiasveglio, ma non sono arrivato al 28. Ho saputo dopo che durante l’intervento di cinque ore complessive, mi è stato aperto il torace con una lama al laser, mi è stato tolto il cuore, mi sono stati svuotati i polmoni, mentre una macchina provvedeva alla mia circolazione sanguigna e un’altra al mio respiro, mantenendo la temperatura corporea a 32°. Contemporaneamente mi hanno tolto dalle gambe alcuni pezzi di vena e, con velocità e precisione, li hanno utilizzati per sostituire le coronarie difettose. Poi è stato risistemato tutto, e richiuso il torace con graffe di metallo che si possono sentire ancora adesso. Venendomi a visitare dopo l’intervento, l’anestesista mi ha chiesto come avessi fatto, perché sono stato uno dei rarissimi casi in cui, appena inserito il cuore, questo ha ripreso a battere regolarmente senza che fosse necessaria la violenta scossa elettrica di prassi: naturalmente non ho saputo rispondere…

Da quel giorno è iniziato un cambiamento profondo, penso molto simile a quanti hanno attraversato un’esperienza di questo genere. Il mio corpo aveva provato la morte. Non la mente, che era addormentata, ma il corpo ha sentito la progressiva riduzione della potenza del cuore, fino alla necrosi di una parte, col rischio della lacerazione e della fine di tutto. Poi il ricovero, i tentativi per l’angioplastica, ed in fine la circolazione cardiochirurgiaextracorporea, la temperatura ridotta, tutte le funzioni vitali rallentate. La mente registrava, addormentata, e riceveva notizie. Finalmente il risveglio, quasi una resurrezione. Una vitalità nuova, il cuore ringiovanito, ma tanti dolori nei movimenti, perché lo sterno doveva risaldarsi. La prudenza da una parte, per custodire questo dono inaspettato, e la voglia di vivere dall’altra, conseguenza di una circolazione più vigorosa e sana: due tensioni dominanti in questa nuova esperienza, impossibile fino a pochi anni prima.

Per un anno circa mi addormentavo pensando che anche se l’indomani non mi fossi più svegliato, era già stato un bel regalo. Ho studiato la morte ed ho tenuto conferenze sulla preparazione a questo momento così importante. Ho chiesto ed ottenuto di poter infermieriinsegnare alla scuola per infermieri, per conoscere meglio questi angeli che mi hanno seguito così bene nei momenti drammatici, e contribuire alla loro formazione. Ed ho imparato che ogni attimo del tempo è prezioso.

Quando sono in coda, alla posta o in autostrada, ne approfitto per farmi compagnia: ci sono tante occupazioni che fanno dimenticare quanto corra il tempo, che non torna indietro, ed è il caso di coglierlo e gustarlo. Il lunedì diventa il primo giorno di una nuova settimana, confidando di poterlacoda gustare tutta, fino alla fine. Non riesco più ad arrabbiarmi: la vita è più importante, e preferisco cercare soluzioni piuttosto che chiederle ad altri, rischiando la mia tranquillità.

Non penso sia necessario passare dall’infarto per imparare a gustare la vita… ma ho molta gratitudine per quanti hanno collaborato affinché fosse possibile ridare la vita quando si rischia di perderla. Praticamente sono riconoscente all’umanità.

Pubblicato da

Alessandro Zucchelli

vedi www.sanzuc.it

1 commento su “Rallentare il tempo”

  1. Caro Sandro,
    hai la pelle dura ma il cuore tenero…. e la mente lucida…..ti sono grato infinitamente perché trasmetti in maniera semplice concetti di vita che per molti sono difficili e complicati ma vedere gli effetti positivi sulle persone ti fa capire ed apprezzare che le cose più importanti delle vita non sono appunto le cose……

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